TERESA BATISTA STANCA DI GUERRA

regia di Marco M. Pernich
con la collaborazione di Valentino Dragano
elaborazione collettiva del Laboratorio Teatrale Avanzato del Liceo Berchet

basato sul romanzo di Jorge Amado

interpretato dai ragazzi del Laboratorio Teatrale Avanzato del Liceo Berchet


L'opera narra di Teresa Batista, una brasiliana di Bahia, cui sui inconfondibili sapori ed umori, con quella incredibile e irripetibile voglia di vivere che caratterizza quelle Regioni e quei Personaggi: quale chiave di lettura potrebbe essere adeguata per noi figli Europei di un secolo morente che porta con sè molti fili e quasi nessuno riconoscimento se non quelli invocati e bruciati dal volgere delle mode e confinati in un Continente che, da secolare centro della Storia, si avvia a diventare con vertiginosa rapidità una periferia del Nuovo Millennio?
Ecco proprio da questa domanda parte la nostra esplorazione di quel romanzo fiume, di quel mondo complesso ed esplosivo, di quella scrittura epica che costituisce il libro di Amado.
Fin dall'inizio ci siamo accorti di come parli di Noi e di Oggi, di come - al modo della grande arte e della poesia - abbia a che fare cone le nostre speranze e con le nostre paure, di come quel mondo primitivo e lontano sia vibrante metafora della nostra esausta civilta sul limitare della fine della storia.
Un mondo dove una classe di ricchi o di arricchiti si sente sciolta dalla legge e superiore ad ogni morale gente che compra e che vende caffè, bestie e uomini, fa e disfa città e fortune ed alla fine si trova a patteggiare con una giustizia e un potere pavidi e/o conniventi. Un mondo dove l'unica legge è la forza, meglio se quella del fucile.
Dall'altra parte un mondo di gente senza diritti se non quello di ammazzarsi di fatica per un pugno di carne secca e d'una bottiglia di alcool, che può scegliere tra la prostituzione - del corpo o della carabina - e la schiavitù senza speranza.
Il mondo di un potere rozzo ed incolto - tipicamente maschile - basato sul sopruso e sulla violenza cui si contrappone una speranza di un mondo diverso di solidarietà e di uguaglianza, un mondo dove i sentimenti non siano solo consolatoria telenovela per sfruttati che si incarna nella figura di Teresa, vera e propria eroina a tutto tondo, che lotta contro l'oppressione  e l'ingiustizia al di là e prima di qualunque ideologia, in nome dei valori più sacri dell'Uomo in quanto Uomo.
Non c'è chi non veda a questo punto cosa ci abbia affascinato e cosa ci abbia fatto pensare a Teresa Batista stanca di guerra come di una grande metafora del nostro oggi in quest' angolo di Lombardia, lacerato tra il credersi in Europa e il precipitare in una barbarie progressiva troppo spesso spacciata per libertà soprattutto di mercato.
Da una parte una nuova classe di potere che si riproduce dai vertici effettivi fino ai ranghi bassi e infimi che recitano, con eguale o forse superiore violenza ed arroganza, la parte dei nuovi padroni capaci di ogni nefandezza ed incapaci di ogni pentimento meno che strumentale, pronta a depredare, violentare, abusare circondata da una corte di nani e ballerine troppo spesso vittime di se stessi e di quei nuovi padroni venduti, non tanto per un tozzo di pane ma per un attimo di fittizia libertà - magari televisiva.

Dall'altra parte la speranza giovanilein una possibilità di ricostruzione di un mondo e di un tessuto sociale che oscilla tra aspettative millenaristiche, voglia di ribellione, violenza diffusa, impegno personale nel volontariato, scelte religiose radicali, ecc.. Una speranza che sia prima e fuori e fuori dalle ideologie speranza pubblica e collettiva che si contrappone a quella diffusa di una maggioranza silenziosa e vuota di idee ed ideali che nutre solo speranze private, individualistiche ed egoistiche - destinate nella stragrande maggioranza dei casi al fallimento per un'ovvia legge di mercato.
Una speranza che spesso prende le caratteristiche del pensiero e dell'azione femminile come se la rivoluzione delle donne degli anni 1960/70 avesse attecchito e dato più frutti di tutte le altre.
Solo le donne oggi sembrano avere la forzaideale o forse la forza del sogno "di sognare così forte che i sogni diventano realtà" per promuovere una nuova speranza e per lottare per affermarlanel mondo bruto dell'"ideologia più ideologia del secolo, un'economia più sacra di una Religione" (S. Benni).
Ecco perchè vogliamo raccontare Teresa Batista, ecco perchè la sentiamo dentro di noi, perchè ci sembra che parli in modo radicale al nostro mondo qui ed ora in questo tempo dilaniato e confuso e in questo angolo di mondo dove ci siamo trovati a vivere. E' la voce della nostra speranza e della nostra denuncia, contro la grarrezza, la brutalità, il vuoto culturale ed ideale per la speranza, gli ideali dell'Uomo, la gioia di vivere e - anche se ci si vergogna a dirlo - di amare.

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