Per i greci e i romani lo storico è colui che racconta ciò di cui è stato testimone diretto.

 Per questo, a differenza dell’annalista che risale più indietro nel tempo, a ciò che non può aver visto con i propri occhi, lo storico doveva essere un grande scrittore (come Tucidide, come Primo Levi); occupandosi di avvenimenti straordinari, doveva ammaestrare gli uomini, fornire dei grandi insegnamenti, essere “maestro di vita”, indicando altresì il come e il perché dei fatti.

 A più di 60 anni dalla Shoah, come impedire che con i testimoni scompaia anche il dovere e il senso della testimonianza?

 Forse è proprio abbandonandoci con la mente e con il cuore alla memoria dei superstiti, come a quella di Nedo Fiano, sopravvissuto ad Auschwitz, che l’eterno presente che rischiamo di abitare, pieno di sparse solitudini e di inquietanti dimenticanze, può essere salvato da una “storia del presente” che ci può ancora consegnare un futuro.

 Milano, 31 gennaio 2007