Una scena da “Citizen Kane” di Orson Welles
I primi decenni
del secolo XX, con un excursus riguardante l’evoluzione liberale del principio
della libertà di opinione e di stampa e il suo destino attraverso i decenni dei
regimi totalitari europei, con il loro sfruttamento intensivo di tecniche
propagandistiche attraverso i nuovi mezzi di comunicazione di massa (giornali,
radio, cinema, fotografia)
Il sistema liberale: vantaggi e pericoli
Un esempio di anarchia dell’informazione: la Russia
rivoluzionaria di John Reed
La politica nell’epoca della società di massa
Propaganda e totalitarismi (fascismo e nazismo)
Il pluralismo come problema
Alcune scuole di pensiero
sostengono, spesso in maniera discutibile, l’equazione pluralismo =
disinformazione, sostenendo ad esempio, come fa Gabutti su “Il Nuovo”, che:
“Non
è in questione, con il “pluralismo”, la qualità della informazione, se cioè
l’informazione sia attendibile e non manipolata, ma la sua spartizione politica
e ideologica, affinché a tutte le chiese elettorali sia riconosciuto il diritto
di manipolare le notizie liberamente e a proprio vantaggio: un principio
passato alla storia della neolingua italiana come par condicio.”
Al di là dell’eccessività di
alcune affermazioni, il problema proposto nell’articolo è effettivamente di
ampia portata, perché investe i fondamenti stessi della democrazia.
Liberali e libertà di stampa
1644: Milton pubblica Areopagitica,
in difesa della libertà di stampa
1694: l’Inghilterra, prima tra
tutti i paesi europei, abolisce la censura sulla stampa nazionale. La libertà
di stampa diventa un cavallo di battaglia dei liberali, che vedono in essa uno
strumento chiave per rendere efficaci i diritti civili, diffondere informazione
e garantire una pluralità di punti di vista.
a - per John Milton la
libertà di stampa garantisce un forum che permette all’uomo di discernere tra
bene e male
b - per John Locke essa
garantisce la libertà dell’individuo dall’elite politica dominante
c - per John Stuart Mill
essa è il solo mezzo per impedire che le nozioni si trasformino in dogma
John Locke |
John Stuart Mill |
I rischi del sistema liberale
a
- con l’espandersi del bacino di utenza, i costi di manutenzione per un
giornale sono cresciuti > concentrazione dei media nelle mani dei grandi
capitali > monopoli editoriali che hanno reso i giornali voce di ristretti
gruppi di potere (lo stesso ragionamento può essere esteso ai nuovi mezzi di
comunicazione e in particolare alle televisioni, dove il problema della
concentrazione è reso ancora più urgente dall’esistenza di un ventaglio
limitato di frequenze disponibili);
b
- il mercato della stampa si è via via regolato secondo i medesimi criteri di
domanda e offerta di qualunque altro settore dell’economia > la stampa, ma
in maniera ancora più evidente la televisione, diventa un prodotto che deve prima di tutto
rispondere al requisito della vendibilità: il rischio che si profila è che cada
così in secondo piano la funzione primaria dei mass media, ovvero quella di
informare la gente piuttosto che di andare incontro ai gusti dei “consumatori”.
I rischi di un pluralismo illimitato
Se la censura è un pericolo e una
violazione inammissibile delle libertà individuali, esistono tuttavia anche dei
rischi comportati dal pluralismo. Presentando una affianco all’altra una
quantità indiscriminata di posizioni che si contraddicono reciprocamente, il
pubblico – specialmente se si tratta di un pubblico profano, solo mediamente
informato e dunque in cerca di riferimenti – si ritrova spesso disorientato, e
c’è il rischio che il pluralismo da confronto costruttivo si tramuti in
un’anarchia sterile di opinioni divergenti.
John Reed, Dieci giorni che sconvolsero
il mondo
La situazione culturale delle masse
russe alla vigilia della Rivoluzione d’Ottobre (I e II)
La mancanza di una censura rigida
e la contraddittorietà delle notizie
diffuse tra le masse (III, IV, V, VI)
Il Decreto sulla stampa emanato
dai bolscevichi una volta al potere (VII, VIII)
Il difficile sforzo compiuto
dalle masse per comprendere la situazione politica a partire dalle
notizie apprese (IX e X)
La tattica propagandistica di
Lenin (XI e XII)
La situazione culturale (I)
“Al fronte i soldati lottavano contro gli
ufficiali e, nei loro comitati, imparavano l’autogoverno. Nelle fabbriche, i
comitati di fabbrica, queste organizzazioni uniche, acquistavano forza ed
esperienza e prendevano coscienza della loro missione storica di lotta contro
il vecchio ordine. Tutta la Russia stava imparando a leggere e leggeva –
di politica, di economia, di storia – perché la gente voleva sapere… in
ogni città, in quasi tutte le cittadine, al fronte, ogni gruppo politico aveva
il suo giornale e a volte ne aveva più d’uno. Centinaia di migliaia di opuscoli
venivano distribuiti da migliaia di organizzazioni e si riversavano tra i
soldati, nei villaggi, nelle fabbriche, nelle strade. La sete di istruzione,
non soddisfatta per tanto tempo, con la rivoluzione esplodeva in una frenesia
di espressioni. Solo dall’istituto Smol’nyi nei primi sei mesi, ogni giorno
uscirono tonnellate, carrette, vagoni di libri, che saturarono tutto il paese.
La Russia assorbiva insaziabile la parola scritta come sabbia ardente assorbe
l’acqua. E non si trattava di favole, di storia falsificata, di religione
annacquata, di romanzi corruttori da quattro soldi, ma di teorie sociali ed
economiche, di filosofia, delle opere di Tolstoj, di Gogol’, di Gor’kij.”
La situazione culturale (II)
“E quale funzione aveva la parola! I “torrenti
dell’eloquenza francese” di cui parla Carlyle erano una pura bazzecola. Conferenze,
dibattiti, discorsi, nei teatri, nei circhi, nelle scuole, nei circoli, nelle sale
di riunione dei soviet, nelle sedi dei sindacati, nelle caserme… riunioni nelle
trincee al fronte, nelle piazze dei villaggi, nelle fabbriche… che spettacolo
meraviglioso vedere dalle Officine Putilov riversarsi fuori quarantamila operai
per ascoltare i socialdemocratici, i socialisti rivoluzionari, gli anarchici,
chiunque, qualunque cosa avevano da dire, fino a quando volevano parlare! Per
mesi a Pietrogrado, in tutta la Russia, ogni angolo di strada fu una tribuna
pubblica. Nei treni, nei tram, dovunque, nascevano discussioni e dibattiti… […]
Ad ogni riunione venivano respinti i tentativi di limitare la durata dei
discorsi e ciascuno era libero di esprimere quello che sentiva dentro…”
Verità e menzogna (III)
“Al Consiglio della Repubblica Kerenskij
dichiarò che il governo era pienamente consapevole dei preparativi bolscevichi
e che disponeva di forze sufficienti per far fronte a qualunque dimostrazione.
Accusò tanto la “Novaja Rus’” quanto il “Rabočij put’” di svolgere opera di
sovversione e aggiunse che grazie all’assoluta libertà di stampa, il governo
non aveva la possibilità di combattere le menzogne stampate… Dichiarando che
questi erano due aspetti del medesimo tipo di propaganda, che si proponeva come
scopo una controrivoluzione ardentemente desiderata dalle forze occulte,
proseguì: “Io sono un uomo condannato, e non ha nessuna importanza che cosa mi
accadrà. Ho però il coraggio di dire che l’altro elemento enigmatico è
l’incredibile provocazione creata nella città dai bolscevichi!”
Verità e menzogna (IV)
“Voglio citarvi i passaggi più caratteristici
di un’intera serie di articoli pubblicati su “Rabočij put’” da Ul’janov Lenin,
criminale di Stato attualmente nascosto e che noi cerchiamo di trovare… Questo
criminale di Stato ha invitato il proletariato e la guarnigione di Pietrogrado
a ripetere l’esperienza del 16 e 18 luglio e perora l’immediata necessità di
una sollevazione armata… […] Devo
segnalare che le espressioni e lo stile di un’intera serie di articoli del
“Rabočij put’” e del “Soldat” assomigliano moltissimo a quelli della “Novaja
Rus’”… Abbiamo a che fare non tanto con il movimento di questo o quell’altro
movimento politico, quanto con lo sfruttamento dell’ignoranza politica e degli
istinti criminali di una parte della popolazione, da parte di una specie di
organizzazione il cui scopo è quello di provocare in Russia, costi quel che
costi, una folle ondata di distruzioni e saccheggi.” Qui Kerenskij lesse una
citazione da un articolo di Lenin: “Pensateci!… i compagni tedeschi hanno il
solo Liebknecht, non hanno né giornali né libertà di riunione né soviet… hanno
di fronte l’incredibile ostilità di tutte le classi della società… e tuttavia i
compagni tedeschi cercano di agire. Mentre noi, che abbiamo dozzine di giornali, libertà di riunione, la
maggioranza nei soviet, noi, i proletari internazionalisti che godiamo della
miglior situazione di tutto il mondo, possiamo rifiutarci di appoggiare i
rivoluzionari tedeschi e le loro organizzazioni insurrezionali?” Kerenskij
quindi proseguì: “Gli organizzatori della ribellione riconoscono così
implicitamente che ora in Russia vigono le condizioni ideali perché un partito
politico sia libero di agire.”
Verità e menzogna (V)
“Fratelli cosacchi! Vi si conduce contro
Pietrogrado. Vogliono costringervi a combattere contro gli operai rivoluzionari
e i soldati della capitale. Non credete a una parola di ciò che dicono i grandi
proprietari terrieri e i capitalisti, nostri comuni nemici.”
“Non credete alle promesse dei bolscevichi! La
promessa di pace immediata è una menzogna! La promessa del pane una truffa! La
promessa della terra una favola…”
“Compagni! Siete stati crudelmente ingannati!
La presa del potere è stata effettuata dai soli bolscevichi… Essi hanno
nascosto il complotto a tutti gli altri partiti socialisti che compongono il
soviet… Vi è stata promessa la terra e la libertà ma la controrivoluzione
approfitterà dell’anarchia scatenata dai bolscevichi e vi priverà della terra e
della libertà…”
“Il nostro dovere è quello di smascherare
questi traditori della classe operaia…”
Verità e menzogna (VI)
L’aneddoto del principe Tumanov:
“Secondo molti giornali il suo corpo era stato
trovato galleggiante sul canale della Mojka. Alcune ore dopo la famiglia del
principe smentì la notizia precisando che il principe era stato arrestato; la
stampa quindi identificò il cadavere come quello del generale Denisov. Essendo
ritornato in vita anche il generale, noi svolgemmo delle indagini, e non
riuscimmo a trovare una qualsiasi traccia di un cadavere ritrovato da qualche
parte…”
Decreto sulla stampa (VII)
“Nell’ora seria e decisiva della rivoluzione e
nei giorni che immediatamente la seguono, il Comitato provvisorio
rivoluzionario è costretto ad adottare una serie di misure contro la stampa
controrivoluzionaria di tutte le tendenze.
Immediatamente, da ogni parte, si
è preso a gridare che il nuovo potere socialista così agendo violava i principi
essenziali del suo stesso programma, attentando alla libertà di stampa.
Il governo degli operai e dei
contadini richiama l’attenzione della popolazione sul fatto che, nel nostro
paese, dietro questo paravento liberale, si nasconde la libertà delle classi
abbienti di prendersi la parte del leone dell’intera stampa e, così, di
intossicare l’opinione pubblica e confondere la coscienza delle masse. Tutti
sanno che la stampa borghese è una delle armi più potenti della borghesia.
Specialmente in questi momenti critici in cui il potere degli operai e dei
contadini si sta ancora consolidando, è impossibile lasciare la stampa nelle
mani del nemico, in quanto essa non è meno pericolosa delle bombe e delle
mitragliatrici. Ecco perché sono state adottate misure temporanee e
straordinarie allo scopo di arrestare l’ondata di infamie e di calunnie nella
quale la stampa gialla e verde sarebbe felice di far annegare la giovane
vittoria del popolo.”
Decreto sulla stampa (VIII)
“Non appena il nuovo ordine sarà consolidato
tutte le misure amministrative contro la stampa verranno annullate; e verrà
restituita la piena libertà, entro i limiti della responsabilità della legge,
in armonia con leggi più aperte e più progredite…
Tuttavia, tenendo presente il
fatto che qualunque restrizione della libertà di stampa, persino in momenti
critici, è ammissibile solo in quanto dovuta alla necessità, il Consiglio dei
commissari del popolo decreta quanto segue:
1
– Verranno sottoposte a sequestro le seguenti categorie di giornali: a) quelli
che incitano alla resistenza aperta o alla disobbedienza verso il governo degli
operai e dei contadini; b) quelli che creano confusione travisando chiaramente
e deliberatamente le notizie; c) quelli che incitano a commettere reati puniti
dalla legge
2
– La chiusura temporanea o definitiva di
qualunque organo di stampa verrà effettuata solo in virtù di una decisione del
Consiglio dei commissari del popolo
3
– Il presente decreto ha carattere temporaneo e sarà revocato da uno speciale
ukaz quando la normalità sarà ristabilita
Il presidente del Consiglio dei
commissari del popolo: Vladimir Ul’janov (Lenin)”
Voglia di capire (IX)
“Mai mi è capitato di vedere degli uomini che
cercavano con tanta intensità di capire, di decidere. Non si muovevano,
fissavano con una sorta di terribile concentrazione l’oratore, le sopracciglia
aggrottate nello sforzo di pensare, le fronti coperte di gocce di sudore;
uomini giganteschi dagli occhi chiari e innocenti di bambini e il volto di
guerrieri da epopea. Poi parlò un bolscevico, uno dei loro, con violenza, con
odio. Non gli piacque più di quanto gli fosse piaciuto l’altro. Non era quello
il loro stato d’animo. Per il momento erano vennero sollevati dal corso dei soliti pensieri, e portati a pensare
alla Russia, al socialismo, al mondo intero, come se dipendesse da loro la
vittoria o la sconfitta della rivoluzione…”
Ragionare “per bianco o nero” (X)
I soldati avevano l’aria di
essere umiliati e a disagio, come dei bambini rimproverati ingiustamente. Un
giovanotto alto dall’aria arrogante, vestito con uniforme da studente, guidava
l’attacco.
“Vi rendete conto, suppongo,”
disse con insolenza, “che prendendo le armi contro i vostri fratelli accettate
di essere gli strumenti di un gruppo di assassini e di traditori?”
“Ecco, fratello,” rispose uno dei
due soldati, con convinzione. “Tu non capisci. Ci sono due classi, vedi, il
proletariato e la borghesia. Noi…”
“Oh, le conosco queste scemenze!”
lo interruppe bruscamente lo studente. “Voialtri contadini ignoranti, basta che
sentiate ragliare qualche slogan. Non capite neanche che cosa significano. Vi
limitate a ripeterli come un mucchio di pappagalli.”
La folla scoppiò a ridere. “Io
sono uno studente marxista e ti dico che non è il socialismo quello per cui voi
state lottando. E’ solo anarchia filotedesca!”
“Oh, sì, lo so,” rispose il
soldato, con la fronte bagnata di sudore. “Tu sei una persona istruita, lo si
vede subito, e io sono un ignorante. Ma a me sembra…”
“Immagino,” lo interruppe l’altro
in tono sprezzante, “che tu credi che Lenin sia un vero amico del
proletariato.”
“Certo che lo credo,” rispose il
soldato, a disagio.
“Bene, amico mio, lo sai che
Lenin ha attraversato la Germania su un vagone piombato? Lo sai che Lenin ha
preso soldi dai tedeschi?”
“Beh, non sono molto al
corrente,” rispose il soldato, cocciuto. “Ma a me pare che quello che lui dice
è quello che voglio sentire io e tutta la gente ignorante come me. Ora, ci sono
due classi, la borghesia e il proletariato…”
L’oratoria di Lenin (XI)
“Nient’affatto adatto per essere l’idolo della folla, fu amato e venerato quanto pochi capi nella storia lo sono stati. Uno strano capo popolare, capo per le sue sole doti intellettuali. Incolore, privo di umorismo, intransigente e distaccato, senza idiosincrasie pittoresche – ma dotato della capacità di spiegare idee profonde in termini semplici, di analizzare le situazioni concrete. Il tutto combinato con l’acutezza e con una grandissima audacia intellettuale.”
“Infine fu il turno di Lenin, che
si afferrava al parapetto della tribuna, muovendo sugli astanti i piccoli occhi
socchiusi, fermo, in attesa, apparentemente insensibile alla lunga ovazione che
si prolungò per diversi minuti. Quando fu finita disse semplicemente: “Ora
procederemo all’edificazione dello stato socialista!” Di nuovo questo
schiacciante boato umano.”
L’oratoria di Lenin (XII)
“In proclami eloquenti diffusi in tutta la
Russia Lenin spiegava al popolo la rivoluzione con parole semplici, lo esortava
a prendere il potere nelle proprie mani, a spezzare con la forza la resistenza
delle classi possidenti e a impadronirsi con la forza delle istituzioni
governative. Ordine rivoluzionario. Disciplina rivoluzionaria. Conti e
controlli rigorosi. Niente scioperi! Niente pigrizia!”
“Seguendo la tattica di appellarsi
direttamente alle masse, Lenin comunicò per radio a tutti i comitati di
reggimento, di divisione e di corpo d’armata […] il rifiuto di Duchonin.”
Le masse e il Partito
Discorso di Lenin: “L’errore dei
socialisti rivoluzionari di sinistra sta nel fatto che, a quel tempo, non si
opposero alla politica di compromesso, in quanto erano convinti che la
coscienza delle masse non fosse abbastanza sviluppata… Se il socialismo si
dovesse realizzare solo quando tutto il popolo avrà raggiunto un sufficiente
sviluppo intellettuale, allora non vedremo il socialismo per almeno cinquecento
anni… Il partito politico socialista è l’avanguardia
della classe operaia. Non deve lasciarsi arrestare dalla mancanza di educazione
delle masse nel loro insieme, ma deve guidarele masse, usando i soviet come
organi di iniziativa rivoluzionaria… Ma per guidare chi tentenna, i compagni
socialisti rivoluzionari di sinistra devono essi stessi smetterla di tentennare…”
“Guidare le masse”
Il problema evidentemente è che
un’espressione come “guidare le masse” implica la convinzione di sapere già che
cosa le masse desiderino – solo inconsapevolmente, senza essere in grado di
esprimerlo in prima persona e di ottenerlo – e di essere anche gli unici
detentori dei metodi con cui conseguirlo. E dunque presuppone l’esistenza di un
partito o gruppo di potere che incarna la Verità e pertanto è inattaccabile a
qualunque critica od opposizione; perciò si arriva al paradosso di sostenere
che “tutti i giornali sono liberi, eccetto la stampa borghese”, cioè tutti i
giornali coerenti con le direttive del regime sono ammessi, gli altri no.
Affermare l’esistenza di una sola Verità – una sola fede religiosa, una sola
ideologia politica… - è letale per la tolleranza; così se un pluralismo
indiscriminato fa credere che qualunque verità sia accettabile o comunque
lascia aperta la strada anche a palesi menzogne, ed è pertanto controproducente,
l’idea che nessun pluralismo sia accettabile è altrettanto pericolosa, se non
forse di più. Perché se agli effetti collaterali del primo si può rimediare
educando le masse a una maggiore coscienza critica, dando loro maggiori
elementi per distinguere almeno tra il palesemente falso e il verosimile,
lasciando comunque all’individuo la libertà e la responsabilità di determinare
le proprie decisioni, al vuoto di idee portato dalla censura non c’è rimedio.
Mussolini e la stampa
- Da un discorso ai direttori dei
quotidiani italiani del 10/10/1928:
“Io considero il
giornalismo italiano fascista come un'orchestra. Il la è comune; è un la che il
giornalismo dà a se stesso. Egli sa come deve servire il regime. Ma dopo i la,
c'è la diversità degli strumenti, ed è appunto dalla loro diversità che si
evita la cacofonia e si fa prorompere la piena e divina armonia, oltre agli
strumenti, c'è poi la diversità dei temperamenti e degli artisti.
Ciò precisato, la stampa nazionale, regionale e provinciale
serve il Regime illustrandone l'opera quotidiana, creando e mantenendo un
ambiente di consenso intorno a quest'opera.”
- Da un discorso del 1933 ai dirigenti del Sindacato
fascista della stampa:
“Discorso da soldati
a soldati. I giornalisti italiani devono considerarsi militi comandati a
guidare il settore più avanzato e delicato del fronte fascista e a manovrare
l'arma più pericolosa e potente di ogni battaglia. Il duce si è servito di
quest'arma per le prime conquiste, se ne serve ancora per colpire alto, lontano
e vicino. Oggi tutta la nazione è blocco e scudo: e tutti i giornali formano
una sola bandiera. Pensiero ed azione sono nel commento e nella notizia più
fusi che mai.”
Hitler e la propaganda (I)
Le prime riflessioni sul tema
sono contenute già nel Mein Kampf, dove egli scrive di aver considerato la
gestione della propaganda come il compito di gran lunga più importante nel
Partito nazionalsocialista dei primi anni: essa deve dimostrare la progressiva
diffusione dell’Idea e tentare di piegare l’intera nazione alla forza di
una dottrina. A suo modo di vedere, il vero leader doveva essere più un
agitatore che un enunciatore di programmi teorici: raramente, scrive, un grande
teorico è anche un grande capo, perché comandare significa essere capaci di
muovere le masse. I suoi stessi inizi del resto sono di propagandista militare
alla fine della Grande Guerra, al servizio del primo reggimento fucilieri
bavarese. “Di punto in bianco mi fu offerta l’opportunità di parlare di fronte
a un pubblico più grande. E allora ebbi la certezza di ciò che avevo sempre
presentito dentro di me, senza ancora capirlo: sapevo parlare.”
Hitler e la propaganda (II)
Scrive Kershaw: “Fu questa
sintesi di spirito messianico e capacità propagandistiche che sancì, fin dai
primi anni Venti, la superiorità di Hitler rispetto a tutti i potenziali
aspiranti alla guida del movimento nazionalsocialista: nessuno degli altri
esponenti di punta del Partito, infatti, poteva mettere in campo contemporaneamente
come faceva lui il fascino demagogico dell’oratoria, le doti di trascinatore e
l’unità e la forza esplicativa di una visione ideologica onnicomprensiva.”
Scrive Broszat: “Secondo
Hitler, tutta la propaganda deve adeguare il suo livello intellettuale alla
capacità di comprensione del più stupido dei suoi destinatari. Meglio allora il
banale argomento del bianco contro il nero, che i pensieri sofisticati. […] Il
tema deve avere effetto esplosivo. […] Non c’è spazio per discorsi saggi da
concilio. L’unico scopo è aizzare le ansie e le passioni e infiammare la folla
fino al parossismo.”
La propaganda del Nsdap
La propaganda del Nsdap è caratterizzata da due aspetti
vincenti:
- è onnicomprensiva, ossia mira a includere tutti gli
aspetti della vita, come recita un manifesto del partito del ’36: “Il partito
ha una risposta per tutto o un’opinione su ogni argomento: l’arte, la pace,
l’uguaglianza, la religione, le passeggiate domenicali, l’agricoltura e,
naturalmente, gli ebrei”;
- è semplice e diretta, indirizzata all’emozionalità e non
all’intelligenza, martellante su pochi semplici temi presentati in bianco e in
nero.
Del ministero della propaganda si
occupava un fedele collaboratore di Hitler, Goebbels, che si assicurò fin
dall’incendio del Reichstag la facoltà di esercitare un controllo serrato sulla
stampa (la radiofonia era statale e pertanto fu immediatamente nazificata)
L’oratoria di Hitler
Scrive George Mosse in La nazionalizzazione delle masse:
“L’integrazione della funzione del capo con l’intero cerimoniale può essere
rilevata anche nel ritmo stesso e nella struttura dei discorsi di Hitler.
Questi insistevano sempre sulla “chiarezza”. Ma chiarezza voleva anche dire una
concisione di forma che non lasciasse luogo ad ambiguità. Il suo assioma
politico che “il popolo non comprende le strette di mano” fu applicato ai suoi
discorsi. I discorsi di Hitler erano in realtà fatti, per le parole da lui
usate, per le domande retoriche, per le affermazioni categoriche. In più
avevano un ritmo costante nel quale il popolo poteva inserirsi con
esclamazioni. Questi ritmi erano bellicosi, aggressivi e in particolare
comportavano un timbro di voce di grande effetto. Lo stesso Hitler aveva
scritto che i discorsi aprono il cuore del Volk come colpi di maglio.
Spesso questi discorsi avevano una costruzione logica, ma la logica interna era
mascherata dal ritmo e dal crescendo della voce. Il pubblico recepiva in tal
modo la logica del discorso emotivamente, avvertiva solo la combattività e la
fede, senza afferrare il contenuto concreto, o senza soffermarsi a riflettere
sul suo significato. La folla era attratta dalla forma del discorso, “viveva”
il discorso più che analizzarne il contenuto. Hitler sentì molto l’influenza di
Gustave Le Bon e ne seguì la massima contenuta nel volume La psychologie des
foules, e cioè che il capo deve essere parte integrante di una fede
posseduta in comune, che non poteva da lui essere sperimentata o rinnovata. La
sperimentazione e l’innovazione da lui introdotte consistettero solo
nell’intensificare il significato di ciò che era largamente accettato, e
nell’introdurre una visione manichea che trasformava le sue parole in fatti.”