Si interessò presto all'aspro dibattito in corso fra madrepatria e colonie che doveva sfociare nella ribellione armata. Eletto rappresentante della propria contea all'assemblea della Virginia, acquistò presto la statura di leader politico e patriota eminente. Nel 1774 intervenne nel dibattito costituzionale con lo scritto
Summary View of the Rights of the British America (Compendio dei diritti dell'America britannica), nel quale venivano tracciati i lineamenti fondamentali della sua filosofia politica e sociale, basata sulla salvaguardia dei diritti naturali e sull'autodeterminazione dei popoli. Deputato della Virginia al I e al Il congresso continentale, nel 1775 fu nominato nella commissione incaricata di redigere la dichiarazione d'Indipendenza, di cui è considerato il vero ispiratore.

Durante la guerra d'Indipendenza non prese parte alla lotta militare né s'interessò particolarmente di questioni d'ampiezza continentale o, come si cominciava a dire allora, «nazionale»; si dedicò invece intensamente alla riorganizzazione su basi democratiche delle istituzioni della Virginia di cui fu anche governatore dal 1779 al 1781. Nel 1783 Jefferson fu inviato dalla Virginia al congresso continentale che lo pose a capo del comitato incaricato di esaminare il trattato di pace con l'Inghilterra. Subito dopo fu mandato in missione diplomatica in Europa per negoziare trattati di amicizia e accordi commerciali e I'anno dopo venne nominato ambasciatore a Parigi presso la corte francese, succedendo a Benjamin Franklin. Alla fine del 1789 rientrò negli Stati Uniti. Nel primo governo costituito da Washington, ricoprì la carica più importante, quella di segretario di Stato; con questo ruolo, condusse delicate trattative con Spagna e Inghilterra per comporre vertenze sui confini e sulla navigazione lungo il Mississippi. Ma ben presto Jefferson si trovò in disaccordo con l'orientamento prevalente impresso al governo e alla fine del 1793 rassegnò le sue dimissioni, dedicandosi a pieno tempo al rafforzamento del partito repubblicano, da lui fondato. Come capo riconosciuto del partito, fu in lizza alle elezioni presidenziali del 1796 ma fu battuto per pochi voti da John Adams, di cui divenne vicepresidente. Alle elezioni del 1800 i repubblicani vinsero e Jefferson fu presidente.

Nel suo primo messaggio presidenziale fece un appello alla conciliazione nazionale nella consapevolezza che, allora come sempre in seguito, il sostegno al governo federale poteva venire solo da una coalizione di interessi e di tendenze d'opinione tanto ampia quanto eterogenea. Il più importante atto di governo della prima presidenza Jefferson avvenne nel campo della politica estera e fu l'acquisto della Louisiana, ceduta da Napoleone al prezzo di 60 milioni di franchi (circa 15 milioni di dollari). Il primo mandato di Jefferson, grazie anche a una congiuntura economica positiva, fu giudicato con favore dall'opinione pubblica americana che nelle elezioni del 1804 lo riconfermò nella carica a grandissima maggioranza. La seconda presidenza fu peraltro travagliata dalle difficoltà causate dal conflitto marittimo tra Francia e Inghilterra e dal blocco reciproco applicato spregiudicatamente dalle due superpotenze, senza riguardo per i diritti dei neutrali.

Non avendo voluto accettare, al pari di Washington, un terzo mandato, si ritirò a vita privata, rimanendo però in contatto attivo con l'ambiente politico, consultato per ogni affare importante dai suoi successori e amici, Madison e Monroe. Si occupò ancora attivamente dello sviluppo dell'istruzione nel proprio Stato promuovendo la fondazione dell'Università della Virginia. Morì nella sua proprietà di Monticello (Virginia) nel cinquantesimo anniversario della dichiarazione d'Indipendenza.