di Sara Miglietti
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"orrei perdermi dentro di te"
Il racconto rispose. Lui
non se ne stupì nemmeno: era una cosa ovvia come il sole che il suo racconto
dovesse essere vivo e vegeto.
Il racconto dunque disse:
<E in che modo vorresti farlo?>
Dopo breve riflessione.
<Ancora non saprei,> disse lo scrittore, <ma mi piacerebbe molto poter
scorrere lentamente insieme a te, e ottenere da te risultati imprevedibili.>
<D'accordo,> disse
il racconto, <hai già in mente un finale per me?>
<A dire il vero,
no.>
<Molto bene, questo è
il primo passo. Ti sei scritto una scaletta?>
<Non mi veniva in
mente nulla.>
<Perfetto: procediamo
a grandi passi.>
Si squadrarono un
istante, poi il racconto aggiunse: <D'ora in poi mi scriverai a quattro
mani.>
<Con chi?>
<Con me, che domande.
Adesso vattene, voglio riposare.>
L'uomo ritornò alle
quattro. Era stato a girovagare per le vie della città, pensando al suo
racconto. Guardando i volti dei passanti, l'acciottolato delle strade, nonché
il semplice cielo, gli erano sopraggiunte in buon numero certe idee stuzzicanti
per il seguito. Per ora, era fermo a pagina 1, alla prima frase del suo romanzo
d'amore, che diceva: "Vorrei perdermi dentro di te." A dirlo era una
ragazza di nome A) Veronica; B) Stella; C) ANTHEA, a seconda delle storie che
lo scrittore avrebbe tratto da quell'incipit dalle vaste possibilità.
Veronica era una giovane
spagnola alla ricerca di avventura, che s'imbatteva ad un crocevia in un uomo
dalla personalità magnetica; Stella era una astro nascente della Via Lattea,
che s'innamorava ricambiata di un prestante asteroide in orbita attorno a lei.
Qui lo svolgimento d'obbligo era di certo drammatico: il connubio amore-morte
si faceva indissolubile in quella relazione dove il più piccolo contatto fisico
avrebbe significato l'immediata distruzione di due celestiali corpi celesti.
Più di tutte, la vicenda
di ANTHEA attirava lo scrittore in un'aura di vero mistero. Quel nome rievocava
terre bruciate dal sole, isole grandi come una capocchia di spillo, sperdute in
caldi mari blu, là dove un fiore era più raro dell'oro e dei diamanti. Chi era
ANTHEA? Lo scrittore lo avrebbe mai saputo?
<Ma neanche per sogno!
Bleah, puah, tzè> si scalmanò il racconto. <Non mi deturperai in questo
modo osceno!>
<Ma... a me non
sembrava male.> tentò di insistere l'uomo, deluso e leggermente seccato. Tra
sé e sé diceva: <Ma che cose vuole questo sputacchio? ha solo cinque parola,
un punto e due paia di virgolette e si crede chissà chi.>
<Cicca cicca> fece
il racconto, che leggeva nel pensiero del proprio genitore. <Se non ti sta
bene, non scrivermi più. Pubblicami così: vedrai il tuo editore!>.
Lo scrittore dovette
ammettere che aveva ragione il racconto.
Tuttavia, al racconto
sembrava non andare mai bene niente, e lo scrittore, che come tutte le persone
di genio possedeva una ristretta quantità di pazienza, presto cominciò a
minacciarlo con un accendino nella mano destra e un taglierino nella sinistra.
<Fallo pure se vuoi, Erode>, sentenziò il racconto, <ma sappi che non
morirò invendicato e che nessuno dei miei fratelli, cognati, cugini, prozii,
nipoti, suoceri, nuore, bisnonni, generi...>
<ALLORA!> sbraitò
lo scrittore per farlo concludere.
<... nessuno mai più
si lascerà scrivere dalle tue mani immonde. Resterai senza vena né arteria
poetica. Al massimo, qualche capillare pittorico. Arrangiati>, e lanciata la
suddetta maledizione sprofondò in un silenzio melodrammatico, mentre lo
scrittore pesava con cura i pro e i contro della propria spiacevole situazione.
Alfine, si risolse ad assecondare il pretenzioso racconto.
<Vabbè. Tu però non
devi rifiutare tutte le mie proposte per semplice ripicca.>
<Mi stai dando del
vendicativo?... e poi io non scendo a compromessi con te>, fece altezzoso, e
aggiunse: <Qui si tratta del mio futuro, spetta a me decidere>.
Lo scrittore voleva
fargli notare quanto le loro fortune fossero strettamente legate, e quanto
fosse nel suo stesso interesse la buona riuscita del racconto; ma non seppe
resistere alle lusinghe dell'ironia e disse: <Intendi far carriera?>
<Certo. Un sequel,
magari due... poi da me verrà tutto un kolossal, verrò ripubblicato con
l'esclusiva fascetta "Da questo libro il film candidato a otto oscar"
... un boom di vendite ... sarò su tutti i giornali...>
<Tu lavori troppo con
la fantasia...>
<Sfido io, è dalla
fantasia che sono nato>.
Lo scrittore dovette
ammettere che aveva ragione il racconto.
<No, no, quante
ripetizioni! E poi che storia assurda!>, bofonchiò l'editore dello scrittore
del racconto. <Un racconto che parla!>
<E' autobiografico,
signor editore...>
<Ah, è pure
autobiografico, deficiente? Ricordami di non accettare mai inviti a cena da
te... chissà che porcate che mangi prima di andare a letto>.
A casa con il rifiuto
dell'editore sul groppone, lo scrittore ripesò con cura i pro e i contro della
propria spiacevole situazione, e intanto stava a sentire il suo racconto che
cianciava trasognato.
<Effettivamente, che
storia assurda: un racconto che parla! Roba da magia nera...>
E il racconto:
<Vincerò il premio Strega...>
<... e io che volevo
soltanto un racconto che si evolvesse a sorpresa, perfino per me... l'idea del
secolo!>
<... quell'editore...
un vero incompetente! Ma come si fa?? Ma è che io sono troppo, troppo avanti,
cari miei...>
Stettero in silenzio a fissarsi
l'un l'altro in preda a sentimenti contrastanti. Infine, lo scrittore prese la
decisione definitiva.
<EHI! Che fai?!> si
spolmonò il racconto, mentre lo scrittore lo relegava nella scatola delle
"brutte" e gli piazzava sopra il coperchio per farlo tacere. Poi
impugnò lo penna, prese una pagina intonsa del suo quaderno e scrisse:
Vorrei
perdermi dentro di te
Il racconto n° 2 rispose:
<Ehilà>.
Lo scrittore educatamente
ricambiò il saluto: <Buondì>.
<Hai qualche desidero
particolare per me?>
Lo scrittore, sempre con
gentilezza, disse: <No: sarai un romanzo d'amore dalla trama scontata e
alquanto stucchevole>.
<Occhei> rispose lo
stucchevole racconto n° 2, <chiama se hai bisogno. Io mi faccio giusto una
dormitina...>
<Dormi, dormi>, lo
assecondò lo scrittore, e posò la punta della penna sul foglio, pronto per la
seconda frase.
FINE