|
|
![]() |
|||
|
|||
![]() |
|
di Elena Quaglia In Italia vive una persona che viola contraddice e rinnega alcuni dei
principi fondamentali della Costituzione, il “manifesto” della repubblica e
delle democrazia, che proprio la necessità di contrapporsi alla recente
esperienza del regime fascista aveva reso particolarmente equa e giusta. A
questa giustizia il suddetto personaggio non sembra prestare grande attenzione.
Nel ’92 è entrato in politica (o sceso in campo, per dirla alla sua calcistica
maniera) pur essendo implicato in numerosi processi per appropriazione indebita
di quote azionarie, falso in bilancio, riciclaggio di denaro sporco.
Nell’aprile del ’94 ha vinto le elezioni ma circa otto mesi dopo il suo governo
è caduto. Solo a partire dal 2001, una volta riconquistato il potere, ha potuto
attuare quello che è a tutti gli effetti uno smantellamento del sistema
giudiziario italiano, riformandolo a suo uso e consumo. Egli agisce contro norme costituzionali che sono alla base di ogni
ordinamento democratico: Articolo
3 Tutti i cittadini (…) sono eguali davanti alla legge; Articolo
101 I giudici sono soggetti soltanto alla legge ; Articolo
104 La magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni
altro potere. Contraddice l’articolo 3 quando lancia direttamente e non accuse
infamanti ai pubblici ministeri di Milano che svolgono indagini a suo carico
nell’ambito del processo SME-Ariosto, l’unico dei molti nei quali è stato
imputato, che non sia ancora terminato per prescrizione di reato. A suo dire
costoro, sporche toghe rosse, lo perseguitano unicamente in quanto uomo
politico di destra, divertendosi nel frattempo a sbeffeggiarlo nelle loro
numerosissime apparizioni mediatiche e mondane. Il fatto che lui in persona, le
sue aziende, i suoi alleati politici controllino quasi tutti i mezzi
d’informazione è poi un discorso a parte. A
suo parere dunque la legge non è uguale per tutti: con lui infatti è più
cattiva. Quale sarebbe dunque la soluzione? Naturalmente che la legge lo
lasciasse in pace, lo lasciasse lavorare per il bene dell’Italia. Il fatto che
la questione non verta mai sul reato di cui è accusato dimostra come l’elemento
importante sia che lui, in quanto presidente del Consiglio, non possa essere
giudicato da persone che dovrebbero essergli sottomesse. E
qui entrano in gioco gli articoli 101 e 104: il nostro amico non digerisce
proprio l’idea che i magistrati non possano essere sottoposti ad un diretto
controllo politico, o comunque non al suo, visto che, stando a quello che dice,
con i suoi avversari politici scendono volentieri a patti. Tuttavia,
grazie al suo senso pratico di presidente-operaio, ha trovato una soluzione
anche a questo: ha confezionato norme frettolosamente approvate in Parlamento
utilissime a tutti i cittadini e, va bene, anche a lui, ma non è forse
anch’egli un cittadino italiano? Dopo un paio di norme ausiliarie (la
cancellazione del reato di falso in bilancio e la limitazione della possibilità
di impiego delle rogatorie in ambito processuale) dalle fila dell’UDC è
arrivata una soluzione apparentemente geniale: la legge Cirami. Grazie
all’approvazione di questa norma i difensori di un imputato possono richiedere
lo spostamento della sede processuale in caso di sospetto che i giudici siano
in qualche modo posti sotto pressione dalle “ condizioni ambientali” del luogo
in cui si trovano ad operare. A decidere se la richiesta sia legittima è la
Corte di Cassazione. Leggi di questo tipo esistono certo anche in Europa ed
erano già esistite in Italia, come si ostinavano a ripetere gli esponenti della
maggioranza, ma non possedevano motivazioni così vaghe per lo spostamento del
processo, motivazioni ancor più vaghe prima che il presidente della Repubblica
chiedesse la modifica di alcune parti del testo. I legali di Cesare Previti
hanno subito richiesto lo spostamento dei processi Sme, dove egli è imputato
insieme alla persona più volte rammentata, e Imi Sir-Lodo Mondadori,
interrompendo così il corso di un procedimento giudiziario che era avviato a
concludersi con prove schiaccianti a suo carico, come aveva affermato
nell’arringa finale il pm Boccassini. La Cassazione non ha accettato la
richiesta, ma questo non significa che la legge Cirami non fosse stata fatta ad
hoc per l’imputato Previti, come subito hanno affermato in coro i suoi alleati
politici, anzi. La legge era proprio
l’ancora di salvezza per Previti che ora si ritrova con l’acqua alla gola,
visto che il processo Imi-Sir finirà a marzo. Semplicemente i calcoli erano
stati fatti male: non bisognava accettare le modifiche proposte da Ciampi né
lasciare tanto potere ad un organo come la Cassazione che è pur sempre costituita da quegli sporchi
corrotti giudici comunisti. La soluzione doveva essere più drastica: concedere
l’immunità ai parlamentari, “perché è il popolo, che elegge i suoi rappresentanti,
che ha potere, non i giudici”. A chi afferma questo bisognerebbe ricordare che
anche i giudici, in quanto rappresentanti della legge, sono rappresentanti del
popolo perché la legge non solo è uguale per tutti, ma è patrimonio di tutti.
Inoltre non è detto che chi viene eletto non sia un criminale e penso che
l’elettore stesso, se scoprisse di aver votato, lui insieme a molti altri,
qualcuno con dei conti da regolare con la giustizia, riterrebbe giusto che
questi fosse giudicato, in qualità di semplice cittadino, dalla legge. Da
notare è come tutti i decreti approvati in Parlamento siano d’ostacolo al
regolare corso della giustizia. Le rogatorie facilitavano molto le indagini
permettendo alla polizia giudiziaria di raccogliere prove anche all’estero. La legge
Cirami fa sì che in seguito alla richiesta di spostamento del processo
quest’ultimo venga sospeso. L’immunità ai parlamentari impedirebbe alla
giustizia di procedere nei loro confronti finché sono in carica. Non sarebbe
forse meglio che il governo, a cominciare dal ministro della giustizia
Castelli, tentasse di ridurre la durata dei processi, che si protraggono in
Italia anche per decenni, come quello per la strage di Piazza Fontana? Sarebbe
meglio, certo, ma non è negli interessi immediati di quell’uomo. Giustizia è
fatta, dunque, ma solo per lui, Silvio Berlusconi, che nomino solo ora perché,
come tutti sanno, è meglio non pronunciare il nome di Dio invano.
|
||||||||||||||||||||||||
powered
by Liceo
Berchet
|
web
editor Namo
Web Editor 5
|
web
design and engineer Nu
Midia Group
|
|||||||||||||||||||||||
|
|
|