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di Alessandra Florencis E'la sera del 18 marzo
1978, due soli giorni dopo il sequestro di Aldo Moro, quando a Milano Fausto
Tinelli e Lorenzo Iannucci vengono assassinati a freddo, in un agguato condotto
in maniera che gli inquirenti definiranno “professionale”. Fausto e Iaio, diciannovenni
simpatizzanti dell’area di estrema sinistra e appartenenti al Centro Sociale
Leoncavallo, sono ragazzi particolarmente attivi in un’iniziativa lanciata
nell’area di Autonomia Operaia e in alcuni centri sociali milanesi: obiettivo è
redigere un dossier-libro bianco che delinei una accurata mappa dei luoghi e
una precisa lista dei nomi più influenti nello spaccio della droga a Milano,
legato a malavitosi di destra e neofascisti organizzati. È contro questo loro
impegno civile che, pare, si vollero scagliare proprio coloro che dirigevano lo
spaccio della droga e, spesso, erano collegati a settori non marginali della
destra terroristica. In più, Fausto e Iaio
erano un obiettivo sicuro e facile: compagni conosciuti e riconosciuti,
appartenenti al Leoncavallo, si occupavano sia del dossier-libro bianco sia del
fenomeno droga in generale, conosciuti da vari personaggi che sintetizzavano il
commercio dell’eroina con una specifica cultura neofascista. Fra il ‘75 e l’80 siamo
nella fase in cui lo spaccio va stabilizzandosi di capillarità e vastità, ma
nel ‘78 un libro bianco, uscito dopo l’assassinio di Fausto e Iaio, poteva
presentare un serio pericolo per un mercato della droga ancora embrionale. Tuttavia, raramente un
fatto così doloroso ed eclatante è stato a tal punto sottovalutato da
Magistratura e Forze dell’Ordine che tutt’oggi, a 25 anni dal misfatto, non è
stato trovato il colpevole, e il caso è stato archiviato. Perché questa vergognosa archiviazione? “Pur in presenza di
significativi elementi indiziari sopra illustrati a carico della destra
eversiva ed in particolare degli attuali indagati, appare evidente allo stato
la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di detti
elementi, e ciò per la natura ‘de relato’ delle pur rilevanti dichiarazioni
sopra riportate" recita, nella sua fredda essenzialità, la sentenza di
archiviazione. A sostegno dei
magistrati, però, è doveroso sottolineare che questi magistrati non sono mai
stati messi nelle condizioni idonee per lavorare seriamente sul caso: si è
voluto trascurare e far dimenticare quel 18 marzo 1978, secondo una cinica
filosofia che ama distinguere morti di serie A e morti di serie B: Fausto e
Iaio rientravano, per i responsabili della giustizia milanese, in questa
seconda categoria e, come tali, non meritano giustizia A
25 anni dall’omicidio non si può lasciare nella beffa della polvere la memoria
di quello che è stato e che, nostro malgrado, ancora ci affligge: Fausto e Iaio
sono stati uccisi perché volevano una vita migliore per tutti, perché credevano
in una società senza oppressi e sfruttati e decisero di battersi per questo
contribuendo a combattendo una delle tante e importanti battaglie contro lo
sfruttamento e la ghettizzazione dei giovani nella periferia milanese: la lotta
alla droga. Non è possibile
confondere quello che accadde quella sera con l'ignobile omicidio di Davide
Cesare: gli anni del terrorismo di massa sono finiti e la guerriglia armata è
ormai marginale. Tuttavia, quello di Fausto e Iaio è un caso che deve tornare ad
indignarci e ad allertare le nostre coscienze contro nuove manifestazioni di
turpe violenza.
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