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27 marzo 2003

MENSILE D'INFORMAZIONE E LIBERO DIBATTITO

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Fausto e laio

di Alessandra Florencis

E'la sera del 18 marzo 1978, due soli giorni dopo il sequestro di Aldo Moro, quando a Milano Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci vengono assassinati a freddo, in un agguato condotto in maniera che gli inquirenti definiranno “professionale”. Fausto e Iaio, diciannovenni simpatizzanti dell’area di estrema sinistra e appartenenti al Centro Sociale Leoncavallo, sono ragazzi particolarmente attivi in un’iniziativa lanciata nell’area di Autonomia Operaia e in alcuni centri sociali milanesi: obiettivo è redigere un dossier-libro bianco che delinei una accurata mappa dei luoghi e una precisa lista dei nomi più influenti nello spaccio della droga a Milano, legato a malavitosi di destra e neofascisti organizzati. È contro questo loro impegno civile che, pare, si vollero scagliare proprio coloro che dirigevano lo spaccio della droga e, spesso, erano collegati a settori non marginali della destra terroristica.

In più, Fausto e Iaio erano un obiettivo sicuro e facile: compagni conosciuti e riconosciuti, appartenenti al Leoncavallo, si occupavano sia del dossier-libro bianco sia del fenomeno droga in generale, conosciuti da vari personaggi che sintetizzavano il commercio dell’eroina con una specifica cultura neofascista.

Fra il ‘75 e l’80 siamo nella fase in cui lo spaccio va stabilizzandosi di capillarità e vastità, ma nel ‘78 un libro bianco, uscito dopo l’assassinio di Fausto e Iaio, poteva presentare un serio pericolo per un mercato della droga ancora embrionale.

Tuttavia, raramente un fatto così doloroso ed eclatante è stato a tal punto sottovalutato da Magistratura e Forze dell’Ordine che tutt’oggi, a 25 anni dal misfatto, non è stato trovato il colpevole, e il caso è stato archiviato. Perché  questa vergognosa archiviazione?

“Pur in presenza di significativi elementi indiziari sopra illustrati a carico della destra eversiva ed in particolare degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilità in giudizio del limite appunto indiziario di detti elementi, e ciò per la natura ‘de relato’ delle pur rilevanti dichiarazioni sopra riportate" recita, nella sua fredda essenzialità, la sentenza di archiviazione.

A sostegno dei magistrati, però, è doveroso sottolineare che questi magistrati non sono mai stati messi nelle condizioni idonee per lavorare seriamente sul caso: si è voluto trascurare e far dimenticare quel 18 marzo 1978, secondo una cinica filosofia che ama distinguere morti di serie A e morti di serie B: Fausto e Iaio rientravano, per i responsabili della giustizia milanese, in questa seconda categoria e, come tali, non meritano giustizia

A 25 anni dall’omicidio non si può lasciare nella beffa della polvere la memoria di quello che è stato e che, nostro malgrado, ancora ci affligge: Fausto e Iaio sono stati uccisi perché volevano una vita migliore per tutti, perché credevano in una società senza oppressi e sfruttati e decisero di battersi per questo contribuendo a combattendo una delle tante e importanti battaglie contro lo sfruttamento e la ghettizzazione dei giovani nella periferia milanese: la lotta alla droga.

Non è possibile confondere quello che accadde quella sera con l'ignobile omicidio di Davide Cesare: gli anni del terrorismo di massa sono finiti e la guerriglia armata è ormai marginale. Tuttavia, quello di Fausto e Iaio è un caso che deve tornare ad indignarci e ad allertare le nostre coscienze contro nuove manifestazioni di turpe violenza.

 

 

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