IL FLOGISTO
Giornale a cura del Collettivo (e non solo) del Liceo
Berchet
Anno 1 - numero 3
(maggio 2004)
EDITORIALE a cura della Redazione
de Il Flogisto Eccoci alla fine. Questo sarà l’ultimo numero del
Flogisto, almeno per quest’anno. Come
potete notare questa volta siamo tornati ad una grafica un po’ più
casereccia. A un mese dalla fine della scuola con la maturità che incombe elaborare una veste grafica come quella dell’altra
volta portava via troppo tempo. Speriamo nella vostra comprensione. Come
sempre, giunti alla fine di un percorso, ci si trova a tracciare un bilancio.
Questo giornale, all’alba della sua fondazione si era posto tre obbiettivi: Il primo era suscitare dibattito
sui temi che sarebbero stati via via proposti. Direi che, più o meno ci siamo
riusciti, pensiamo alla polemica sulla laicità con i colleghi del Corsaro
(purtroppo scomparso prematuramente), al dibattito sulla John Berchet High
school sviluppatosi su queste colonne, al botta e risposta sulla Resistenza
che troverete in questo numero… Si, il primo obbiettivo è stato raggiunto. Il secondo obbiettivo era quello
di essere il giornale di tutti gli studenti e non solo di un gruppo politico
o di amici: grazie anche all’utilizzo di internet e e-mail direi che abbiamo
centrato anche questo obbiettivo e tutti gli studenti che hanno visto i loro
articoli pubblicati, a prescindere dall’argomento, dalla posizione ideologica
e anche, entro certi limiti, |
dalle capacità giornalistiche,
lo possono dimostrare. Abbiamo pubblicato interviste, dibattiti sulla
resistenza, test attitudinali, recensioni e
articoli su qualsiasi argomento (dalla Samp alla Moratti). Anche il
secondo punto del nostro contratto con i Berchettiani è stato onorato. Il terzo obbiettivo era quello
di fungere da cerniera tra i luoghi del potere e gli studenti. Raccontare
cosa succede in Consiglio d’Istituto, in Comitato Studentesco o al Collettivo
(di cui comunque questo giornale doveva essere l’organo ufficiale). Qui
abbiamo fallito, concentrandoci, a nostro parere giustamente, sui primi due
obbiettivi. Il bilancio è dunque positivo:
50 articoli di 37 studenti diversi per un totale di 35 pagine. Niente male,
anche considerata l’esperienza degli anni precedenti o dei giornalini
concorrenti. A proposito del Corsaro:
quest’anno abbiamo “vinto noi”, altre volte erano stati i nostri giornalini
(come |
POCHI CONSIGLI PER I
REDATTORI DEL FLOGISTO
Al fine di evitare un lungo (e noiosissimo) lavoro di
revisione da parte della Redazione, si ricordano qui le principali norme di
battitura dei testi, che dunque vi chiediamo di provare a rispettare nei vostri
futuri articoli.
Ø Tutti i segni di interpunzione
(punto, virgola, virgolette, etc.) vanno posti attaccati alla parola che
precede e separati con uno spazio da quella che segue.
Ø I testi NON vanno battuti tutti in caratteri
maiuscoli.
Ø I puntini di sospensione sono 3, né
più né meno.
Ø Gli articoli vanno battuti con
allineamento giustificato, inserendo gli a capo solo dove servono.
Inoltre:
Ø Gli articoli devono essere firmati
con nome, cognome e classe. Se si richiede l’anonimato, firmarli ugualmente;
poi
Ø Se possibile, gli autori scelgano
anche il titolo
Ø Si consiglia una lunghezza compresa
fra i 2500 e i 4000 caratteri: così c’è spazio per tutti!
Grazie! flogisto@liceoberchet.it
DISOBBEDIENTI: IL MALE DELLA SINISTRA di Luca Quaglia Mette tristezza vedere il segretario dei DS Piero Fassino,
una persona tutt'altro che violenta, essere contestato da quattro
teppistelli, che molti chiamano disobbedienti ma che io definirei soltanto
come degli squadristi fascisti della peggior specie. Questi teppisti, per i
quali non c'è nessuna attenuante, hanno rovinato un'enorme manifestazione per
la pace e contro il terrorismo. Questi teppistelli, che non hanno nulla da
spartire con il grande movimento pacifista, visto che sono dei violenti e
degli antidemocratici, hanno pesantemente insultato Fassino e i militanti dei
DS. Ora, spiace vedere che all'interno del movimento studentesco di sinistra molti
assolvano se non addirittura condividano questa
forma di protesta. Secondo me questi fascisti, nel vero senso del termine,
vanno solamente isolati, anzi, espulsi dal movimento studentesco di sinistra,
visto che con esso non hanno nulla da spartire. Gli slogan urlati contro i DS erano fra l'altro
pesantissimi: si sono sentiti slogan che comparavano i DS alle SS, cui
semmai appartenevano i disobbedienti che contestavano vista la loro violenza,
oppure urla contro Fassino che veniva definito come un "assassino"
o un "guerrafondaio". La cosa ancora più sorprendente è il motivo per cui questi buffoni fascisti contestavano Fassino:
secondo loro, la non partecipazione al voto della lista riformista
dell'Ulivo, che, mi dispiace per loro, nei sondaggi supera il 35% dei voti,
per le varie missioni di pace era un atto di assenso verso la guerra in Iraq.
In realtà, va ricordato, che i DS, |
hanno partecipato al voto per un semplice motivo: tutti e
tre i partiti erano e sono contro la missione in Iraq, e avevano chiesto, con
tutto l'Ulivo, di presentare due decreti separati per le varie missioni di
pace all'estero, uno in cui si fosse chiesto il rinnovo per la missione irachena,
l'altro per tutte le altre missioni di pace all'estero. Questo governo
meschino, però, non ha ascoltato l'appello dell'Ulivo, e quindi la lista
riformista, essendo favorevole a tutte le missioni di pace ma non a quella in
Iraq, non ha partecipato al voto in segno di protesta. Gli altri partiti
dell'Ulivo, invece, per puri scopi elettorali, hanno votato no a questo
decreto dicendo poi, ogni volta che se ne presentava l'occasione, che i
riformisti non erano né contro né a favore della missione irachena, mentre i
due partiti comunisti, i Verdi e Di Pietro erano gli unici, veri pacifisti.
Questa è una menzogna, smentita dai fatti. Per fortuna, la vergognosa aggressione a Fassino è stata
condannata da tutti i partiti del centrosinistra e anche da Rifondazione
Comunista. Si può e si deve sperare, quindi, che il centrosinistra
sappia superare, malgrado i disobbedienti, questa
tensione che non ha in realtà ragion d'essere. Solo così, attraverso l'unità,
si potrà sostituire Berlusconi al governo del paese, così come la sinistra
spagnola, guidata da Zapatero, ha sostituito il governo di destra del premier
uscente Aznar. |
STORIA: VERA O FALSA? DI’
UNA LETTERA
PROVOCATORIA ALLA REDAZIONE DEL FLOGISTO di Riccardo Tordera Questo mio intervento scatenerà senza
dubbio polemiche, diffidenze, ecc., senza dimenticare che mi bollerete
subito come un fascista revisionista. Ebbene pensate come volete, ma NON è
COSI. Mi sono deciso a scrivere solo perché ho visto un'effettiva pluralità di argomenti
toccati. Penso che sia interessante sapere, oltre alla giusta commemorazione
della Shoà, anche qualcosa in più sulla nostra storia nazionale, come la
guerra civile del 1943-1945. Anche se il mito della Resistenza ha a lungo negato l'esistenza dell'altro fronte, è ormai
innegabile che l'altro fronte (che nelle scuole studiamo come formato da una
congrega di satanici assassini) sia esistito. E sarebbe anche giusto iniziare
a rompere il muro che indica i vinti come il male assoluto. Perché è proprio
dagli eredi di quel "male assoluto" che siamo oggi in parte governati. Anche se Fini rinnega il suo passato e
la gente applaude (non tutti, basta guardare quanta gente raccoglie attorno a
sé Alessandra Mussolini), egli viene da lì. Ma non solo a destra rinnegano,
anche a sinistra... Per i Ds oggi, l'epiteto
comunista sta diventando un'offesa. Ma non è su questo argomento che mi
voglio dilungare. Cosa sapete, sappiamo, della guerra civile? della
Resistenza? della RSI? Quello che i libri passano è che la prima fu giusta e
la seconda sbagliata, senza approfondire le ragioni della parte
"sbagliata" ma solo enfatizzando all' estremo
la parte "giusta". Ma in un mondo così democratico (mi riferisco
all'occidente, in cui viviamo), che tanto teniamo a sbandierare, si può
giudicare senza sapere? Penso di no. In Italia i partigiani furono 2-300.000.
Tanti sì, ma pochi rispetto ai 44.000.000 di abitanti dell'allora Regno
d'Italia. Che cosa volevano veramente i partigiani? Importare la democrazia
(con le armi ....!) o costituire una repubblica
comunista come l’URSS? E i fascisti? Avevano la smania perversa di sostenere
gli aguzzini nazisti o erano animati dal volere |
riscattare l'onore di un paese capitolato per saltare sul
carro del vincitore e non perché impossibilitato a combattere? (senza
dimenticare che i campi di concentramento furono scoperti solo il 23 gennaio
‘45, giorno della commemorazione della Shoà). Ci sono molti libri di generali
americani che hanno combattuto contro i fascisti ma che hanno apprezzato il
loro sacrificio per l'amore alla Patria! Bene, spero che queste parole
bastino a provocare reazioni da parte di qualcuno interessato a rispondere
sul prossimo numero, su questo argomento che, da qualunque parti lo si voglia vedere, deve appassionarci: è la nostra
storia, tragica per chi ha dei morti da ricordare; è la storia d'Italia e gli
Italiani devono sapere quale prezzo di sangue è costata l'Italia, perché
quando si è in guerra la gente si uccide. Tutti uccidono, rossi o neri che siano. Eppure solo i crimini dei secondi (spesso gonfiati)
sono passati alla storia, e senza volutamente sfiorare il tema foibe dove i
democratici comunisti partigiani titini uccidevano la gente solo perché era
italiana (una specie di olocausto contro di noi da parte dei "liberatori").
Spero che si riesca a rompere la coltre di omertà che da 60 anni circonda
questo argomento. I morti non sono di serie A o B. Questa è una democrazia.
Eppure c'è qualcuno che sembra avere paura di dirci la verità, come se
sapendo la verità si possa intaccare l'ideologia
resistenziale... Non penso che questo possa avvenire, a meno che, sapendo
cosa realmente successe, sapessimo ciò che alcuni ventilano ma che non si può
dire: che i "giusti" furono più feroci e brutali dei "demoni". |
A proposito di Resistenza di Rocco Polin Quando Riccardo mi ha detto di aver scritto un articolo
per il Flogisto ne sono stato felice; lo vedevo sempre con
in tasca “il Giornale” o l’”Indipendente”, lo sapevo ragazzo di
destra, ma ne avevo anche apprezzato gli interventi in Comitato Studentesco e
comunque pensavo, e penso ancora, che in una scuola monopolizzata da
Collettivo e Cl una voce di destra avrebbe potuto essere molto stimolante.
Ora che l’articolo l’ho letto non posso però fare a meno di replicare; questo
giornalino uscirà poco tempo prima del 25 Aprile,
non potevo aspettare il prossimo numero per rispondere. Innanzi tutto
riconosco che nel nostro paese è stato a lungo coltivato una sorta di “mito
della Resistenza”, del resto è stato così in molti altri paesi europei dove i
governi post-bellici basavano proprio sulla resistenza la loro legittimità;
in fondo la resistenza è una delle pochissime pagine gloriose della nostra
storia patria. La situazione è però ormai opposta,
dal mito della resistenza si è passati
alla riabilitazione del fascismo e dei repubblichini e ora addirittura
alla criminalizzazione dei partigiani. Vediamo quindi di rimettere le cose al
loro posto. 1) I partigiani ci hanno
conquistato la libertà e democrazia, non hanno instaurato un regime Tu dici che
dovremmo cercare di capire le ragioni dei repubblichini perché “proprio dagli
eredi di quel male assoluto ora siamo governati”. Ecco, appunto. Tu credi che
se avessero vinto loro ora saremmo governati dagli eredi dei partigiani? Prima
differenza: i partigiani hanno combattuto per la democrazia, i repubblichini
combattevano per la restaurazione del regime fascista. Ma tu sembri negare
anche questo. Tu ci chiedi che cosa volessero veramente i partigiani, per
caso “costituire una repubblica comunista come l’URSS?”. Innanzi tutto i partigiani non erano tutti comunisti e quindi è
improbabile che combattessero per il comunismo, comunque anche ammesso che tu
ti riferissi a quelli che lo erano la domanda rimane faziosa: l’effetto della
loro lotta è stata una democrazia dove ha governato per 50 anni |
2) Scegliere la resistenza o Poi ci parli dei fascisti e del “loro sacrificio per
l’amore della patria”. Va bene, ammettiamo pure che coloro che hanno scelto
di aderire alla Repubblica Sociale Italiana lo abbiano fatto con le buone
intenzioni che tu gli attribuisci e non, per esempio, perché erano
indissolubilmente compromessi col fascismo e non avevano quindi alternative.
A questo punto tu vorresti sostenere che partigiani e fascisti sono uguali,
hanno entrambi scelto in buona fede per il bene della patria e l’unica
differenza e che i secondi hanno perso la guerra e si sono così visti negare
la buna fede dalla storiografia dei vincitori. Puoi almeno concederci che tra
le due scelte una era quella giusta e una quella
sbagliata? Una conduceva ai lager e una alla democrazia? A parte questo fatto
che spero sia indiscutibile tra le due scelte c’è un’altra sostanziale
differenza: “nella scelta resistenziale c’era un significato di liberà implicito nel suo essere un atto di disobbedienza;
l’adesione alla RSI rivestiva invece un suo carattere istituzionale, nel
quale affioravano cospicue tracce del conformismo degli anni del Regime” (G.
De Luna, Fascismo Antifascismo: le idee, le identità 3) Non è vero che nei libri di
storia le ragioni dei vinti vengano ignorate, anzi… Un’ultima cosa: sei in quinta ginnasio,
aspetta di arrivare in terza e studiare la resistenza vedrai che non è
affatto vero che le ragioni dei vinti vengano ignorate o che la resistenza
venga mitizzata, magari è stato così nel passato ma ora col fatto che “non si
parla mai delle ragioni dei vinti” si finisce per parlare più delle loro che
di quelle dei vincitori. Il tema è molto ampio, ci sarebbe molto altro di cui
parlare, cosa spinse i partigiani ad andare in montagna, l’atteggiamento
della popolazione civile, l’eredità della resistenza, il fascismo che
ritorna… non posso occupare troppo spazio, per questa volta basta così ma
sappi che è solo il primo round…. |
Paradossi di Tommaso Canetta La guerra in Iraq è stata fatta per il vago (e infondato)
sospetto che Saddam avesse armi di distruzione di
massa. Com’è possibile che Berlusconi propone di innalzare l’età pensionabile, di
diminuire i giorni di vacanza, insomma di far lavorare di più. Sorge un
legittimo dubbio: come si fa ad aumentare l’occupazione se chi sta già
lavorando lo farà in eterno? Quando saremo laureati, e tutti i posti saranno
impegnati da persone che hanno 30 anni di lavoro alle spalle, andremo a
zappare la terra, oppure ci saranno contadini ottantenni a
cui non è dato andare in pensione? La sinistra tedesca vinse le elezioni sul no alla guerra
in Iraq, la sinistra spagnola ha vinto le elezioni sul ritiro delle truppe da
una guerra percepita come ingiusta, la sinistra francese ha
battuto sonoramente la destra che pure era non interventista: riuscirà
la sinistra italiana a dividersi e a perdere sul tema che ha dato unità e
vittoria a tutte le altre sinistra d’Europa? |
Non volevano permettere di insegnare all’asilo ad una
maestra musulmana perché temevano che il velo spaventasse o condizionasse i
bambini. Ma le signore anziane non indossano spesso un velo sui capelli? E
gli asili di suore sono luoghi di trauma per l’infanzia? Ad una cena dei Repubblicani in campagna elettorale Bush
scherza sul fatto che non riesce a trovare le armi di distruzione di massa,
mostrando foto che lo ritraggono nell’atto di cercarle nello studio ovale.
Lui ride, chissà se ridono anche gli iracheni o i soldati che ha
spiritosamente mandato al macello… Negata la grazia ad Adriano
Sofri, Ferrara si infuria con Legge Fini che parifica le droghe leggere a quelle
pesanti, scelto lo slogan “Nessuna droga è leggera!” Il ragionamento di Fini
deve essere stato che dato che ora sono tutte pesanti, tanto vale calcare le mano. Gli esperti sono concordi nel porre questo
ragionamento alla base del parto della legge, che senza l’utilizzo di acidi
non si spiegherebbe… |
A proposito di omosessualità. Una lettera per riflettere di Edoardo Briola Non mi ritengo certamente una persona colta, non ho mai
scritto né forse pensato nulla di molto profondo in tutta la mia vita. Vorrei
tentare, tuttavia, di parlare per una volta di qualcosa di un po' più serio,
di una cosa che ritengo molto importante: forse non lo è, ma c’è chi la rende
tale. Giudicate voi. Io sono cresciuto in una famiglia che mi ha
insegnato prima di tutto la tolleranza verso
chiunque, a prescindere da razza, religione, ecc. E non ritengo questa una
"buona" educazione, sia chiaro, bensì penso che sia quella
che ogni genitore dovrebbe impartire ai propri figli. Ebbene, è inutile parlare dei frequenti episodi di
discriminazione razziale, religiosa & Co. nel mondo; i telegiornali se ne
occupano già abbastanza (e forse ancora troppo poco). Ma qualche mese fa, durante una normale giornata di
scuola, un avvenimento mi ha colpito. Si stava parlando di omosessualità, non
so a quale esatto proposito, quando una mia compagna di classe si è
rivolta a me con una frase del tipo: "Io non so perchè questi non
possano comportarsi come gli altri. Per me dovrebbero adattarsi a quello che
fanno tutti; o vivono civilmente come le altre persone o, se proprio vogliono
fare a quel modo, che non vengano a rompere le scatole a noi". Fin dal momento in cui ho udito tale
“bestemmia” (non ho altri modi per definirla), al di là del lecito
sbigottimento, mi sono chiesto: ma è possibile che Chiesa, genitori, e/o
mezzi d'informazione possano ancora convincere i giovani di simili
cazzate? Una delle prime cause di affermazioni come questa
l’ho individuata nelle sempre azzardate sentenze della Chiesa, che definisce
l’omosessualità contro natura: sarà pur vero da un certo punto di vista che
l’omosessualità è contro natura (lo è, sia chiaro, nella misura in cui lo è
un esaurimento nervoso, trattasi infatti di disturbo
psicologico), ma ritengo una cosa assolutamente intollerabile non accettare
appieno in una società come la nostra due persone che si amano, e che magari
vanno pure a Messa ogni domenica. Come allo stesso modo non comprendo (spiegatemelo voi)
perché i Governi, tranne poche eccezioni, non permettono loro di sposarsi,
cioè di vivere legalmente una vita come la nostra: forse non lo meritano? Non
mi va neppure di soffermarmi poi su tutti gli episodi di discriminazione nei
confronti degli omosessuali, come quando fu negata ad un ragazzo la
confessione perché conviveva con un altro uomo: roba da far accapponare la
pelle. Penso comunque che le istituzioni, che spesso agiscono del tutto a
sproposito anche nell’ambito delle questioni più semplici, dovrebbero
pensarci due volte prima di lasciarsi andare a giudizi in merito a questioni
così delicate, dato soprattutto il loro potere persuasivo. |
Non presterei infine neppure grande attenzione alla massa
di persone che, giunte ad una certa età, forse proprio a causa dell’influenza
di chiese e mezzi d’informazione, se non di opinioni diffuse qualche decina
d’anni fa, conferiscono agli omosessuali appellativi che, detto sinceramente,
denotano tutta la loro senile ignoranza o quantomeno antichità. So di frequentare un liceo in cui studiano ragazzi maturi
e nel quale i docenti sono per la maggior parte attenti alle problematiche
attuali, ed anche che i giovani d’oggi, fortunatamente, hanno tendenzialmente
superato convinzioni sorpassate come quelle in merito alle quali sto
scrivendo. Purtroppo, però, l’aver udito una persona proprio della mia età
esporre un concetto come quello scritto sopra, ed il solo fatto che molti miei
amici mi abbiano chiesto, dopo avermi sentito accusare tutti coloro che
discriminano l’omosessualità, se per caso io fossi a mia volta omosessuale,
visto che ci tenevo tanto, sono cose che, nonostante la mia stoltezza, mi
hanno fatto riflettere e decidere di trasformare questi miei pensieri prima
in un’e-mail, ed ora in una “lettera” al Flogisto. Un solo appunto conclusivo, dunque, a tutti coloro che
ancora hanno dentro il gene dell’odio o della discriminazione nei confronti
delle persone omosessuali: ricordatevi che l’omosessualità è una questione
puramente psicologica, è stato ampiamente documentato, e che è “contro
natura”, termine che fortunatamente sta passando di moda, non di più di
quanto lo sia l’anoressia o, come già detto, un esaurimento nervoso. Se un
cittadino di un paese democratico decide, essendo l’unico in grado di
comprendere con esattezza il suo stato interiore, di convivere con questa
situazione, dal momento che essa non arreca danni di alcun tipo né a lui nè
agli altri e, in alcuni casi, di viverla appieno, trascorrendo talvolta una
vita felice al fianco di un’altra persona, penso che nessuno di noi dovrebbe
avere nulla da dire, che si tratti di elogi o di critiche. E il solo fatto che io ora stia scrivendo non dico in
difesa, ma sicuramente con rabbia nei confronti di ciò che, contrariamente
alle mie speranze, vedo accadere quotidianamente intorno a me, è già forse
una cosa sulla quale io per primo, lo ammetto, dovrò riflettere. Con il solo invito, dunque, a pensarci su… |
Sull’annosa questione della laicità a cura della Redazione de Il
Flogisto Scrive Claudio Magris sul Corriere ricordando il filosofo Norberto Bobbio, morto quasi tre mesi fa: “Bobbio ha insegnato che laicità non è un credo filosofico specifico, ma la capacità di distinguere le sfere delle diverse competenze, ciò che spetta alla Chiesa da ciò che spetta allo Stato, ciò che appartiene alla morale da ciò che deve essere regolato dal diritto, ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è oggetto di fede, a prescindere dall’adesione o meno a tale fede” |
Scrive Anacleto Verrecchia nell’introduzione a “O si pensa
o si crede, scritti sulla religione di Arthur Schopenhauer: “La religione, nel
migliore dei casi sta alla filosofia come una gamba di legno sta a una gamba
vera; ma poiché di regola la gente è intellettualmente Zoppa, per non dire
sciancata, la gamba di legno prende il posto di quella vera. E fin qui non ci
sarebbe niente di male, dato che ognuno cammina come puo’. In mancanza di
cavalli, dice il proverbio, si corre con gli asini. Se però la gamba di legno
pretende di essere essa la gamba vera e chi la usa minaccia di azZoppare
anche quelli che Zoppi non sono, allora bisogna reagire energicamente e senza
masticare le parole” (e chi vuole intendere, intenda…!) |
A grandi sforzi, grandi risultati di Andrea Lisa Ho bisogno di un consiglio, così mi rivolgo ad un amico. La situazione è ingarbugliata, piena di interrogativi ed
incertezza; non so proprio cosa fare, come comportarmi. Lui mi dice:"A grandi sforzi, grandi risultati". La frase
mi è rimasta dentro, ci ho ripensato spesso, l'ho fatta mia. Spesso capita di avere un'intuizione che però non si ha il
coraggio di attuare perché costa troppa fatica e impegno. Quel momento di
prima incertezza è seguito da una folla di dubbi e ripensamenti che con il
loro frastuono mi distolgono dal primo istinto. Mi rendo conto che queste
incertezze non sono causate dalla paura di aver commesso un errore, ma dal
desiderio di sottrarsi allo sforzo che questa azione necessita. Bisogna
guardare il problema in faccia, senza aspettare che si risolva da solo, non
lasciando spazio ai dubbi che inducono all' immobilismo.
|
È proprio quello stato che si deve evitare perché in
quella condizione si smette di essere attivi per
diventare passivi. La sofferenza non va intesa come dolore
fisico o ansia esistenziale, ma come lo stato di ricerca ed
elaborazione di una nuova condizione in cui sentirsi soddisfatti. Mi viene in mente un viaggiatore che percorre una strada dritta ma comincia a sentire il peso di quel viaggio e
avrebbe bisogno di qualcos'altro che lo renda nuovamente coinvolgente, subito
una svolta davanti a lui, ma chi sa perché quella scelta nella sua mente
diviene estremamente faticosa nella realtà. Le scelte ci sono e qualcuno le
deve fare. Cambiare fa sempre paura perché non abbiamo il controllo del
futuro, non sappiamo cosa ci attende, eppure quell'intuizione... Sentire la sofferenza significa vivere, significa un cuore
che percepisce il valore delle cose e più impegno costa una scelta, maggiore
il benessere che ne deriverà quando ci godremo il risultato raggiunto con
così grandi sforzi. |
La minuta poetessa - Tracy
Chapman di Daria (I H) Esponente degna di nota della musica impegnata, Tracy
Chapman, la ‘minuta poetessa’, ha cominciato nel lontano ’88
(nonostante da noi imperasse il pop più orecchiabile lei ha conquistato il
pubblico con una semplice chitarra e una voce struggente) con ‘quattro accordi e una voce triste’ e sono gli stessi con
cui prosegue oggi il suo racconto. Le sue ballate non giudicano secondo
schemi precisi ma raccontano il mondo e ne osservano
anche ciò che non va,con una punta di amarezza. Dai testi emerge un’implacabile
voglia di vivere e una grinta eccezionale,da cui
traspare un velo di insoddisfazione. Nonostante ciò che racconta siano per lo più torti subiti o atteggiamenti negativi della società
nei confronti della black people, Tracy non si abbandona in commiserazioni
patetiche per vendere,ma si limita ad annotare e ad esprimere con estrema
semplicità tutto il suo dolore e rammarico. Il suo repertorio contiene
canzoni introverse e impegnate che toccano sia l’universo amoroso che quello
politico,agli inizi prevalente. Stilisticamente
compie un percorso graduale che inizia con una semplicità commovente,
espressa dalla sola chitarra (spesso giungendo alla sottrazione degli
strumenti per arrivare al cuore della malinconica narrazione) |
e una voce struggente, passando ad arrangiamenti più
sofisticati e musiche tra lo spiritual-rock e le canzoni di strada,con testi più intimi. Le prese di posizione poi si fanno
più forti, i testi più personali e lo stile si perfeziona:la
chitarra è accompagnata da altri strumenti (anche percussioni), le canzoni
sono più accese e sono presenti svariati virtuosismi ritmici, sempre restando
fedele alla regola della semplicità che è poi la sua vera essenza. Con
l’ultimo album arriva all’apice dell’equilibrio stilistico, le canzoni sono commoventi
e originali pur nella continuità dei temi. Ogni singolo brano porta chiusa in
sé un’esperienza di vita e un calore che Tracy sprigiona con uno spirito che
all’occorrenza sa essere delicato ma forte, segnato ma non piegato, vivo.
L’umanità, la sensibilità e la verità dei sentimenti di Tracy emergono in
modo prepotente durante i concerti, nei quali la scenografia è semplicistica
e le sue emozioni percuotono il pubblico. Esperienza indimenticabile. Per chi
fosse interessato a conoscere questa grande artista
suggerisco come primo approccio “Telling stories” (il quinto album), per i
palati più sofisticati invece suggerirei l’ultimo “Let it rain”. |
The Cure di Giulia Tini La sagoma di un uomo vestito di nero con la camicia larga e
i pantaloni a tubo, con gli occhiali da sole, il rossetto color fuoco sbavato
sulle labbra e con i capelli somiglianti a una chioma d’albero, cotonatissimi
e neri… mio padre esclama guardandomi: ”Quello è il cantante dei Cure!” Ecco come ho conosciuto uno dei maggiori gruppi che negli
anni Ottanta ha contribuito alla nascita e allo sviluppo della “new wave” e
della musica “dark” e al quale ancora oggi alcune band si ispirano. I Cure si sono formati sulle ceneri del punk,
il loro stile era un misto tra punk melodico e atmosfere cupe accentuate poi
dai testi a volte irreali o angoscianti di Robert Smith, il cantante. Gli incontri più significativi per quanto lo sviluppo
sonoro della band sono stati principalmente due: il primo di minor
importanza, con un gruppo locale, i Wire e il secondo è stato quello che li
ha condizionati maggiormente, ovvero l’incontro con i Siouxsie and the
banshees, gruppo che prima militava nel punk, intraprendendo poi la strada
delle sperimentazioni e del dark. |
I Cure finalmente acquisiscono, dopo
quei due incontri, un suono proprio e originale che negli anni a venire si
evolverà. Smith e compagni pubblicano Seventeen Second uno degli album più importanti della
loro carriera perché è la dimostrazione della loro iniziale crescita;
seguiranno Pornographies e Faith che insieme al primo verranno considerati
“la trilogia dark “ della band. I Cure sono un gruppo da stimare e da
apprezzare perché per circa trent’anni non si sono mai fossilizzati su un
genere musicale e nel contempo sono riusciti a mantenere una propria identità
e coerenza che li contraddistingue e li fa essere originali senza però
deludere i vecchi fans. La loro musica influenza e ispira alcuni gruppi,
basti pensare ai Blink 182 che con la pubblicazione del loro ultimo album
sono stati sorprendenti, i riferimenti ai Cure sono
presenti sia nelle melodie che nei video come “I miss you” che prende spunto
da ”Lullaby “, famosa canzone ninna nanna. I Blink non sono gli unici, ma
anche nomi come Smashing Pumpkins e Depeche Mode sono altre band che sono
state influenzate dai suoni magici della dark band per eccellenza. Il Greates
Hits rappresenta un buon inizio per chi volesse
ascoltare i Cure: infatti si alternano canzoni come la ritmata Boys don’t cry, l’oscura A
Forest per arrivare a “Friday I’m in love “ che nasconde venature di
tristezza, per concludere con la recentissima “Cut Here”, che affronta il
tema della perdita di un amico. |
Zatoichi: qualche pillola sul cinema giapponese di Daria
(I H) Finalmente il tanto cogitato
“articolo” sul cinema giapponese, che ho pensato di scrivere in seguito alla
bocciatura della mia geniale proposta di inserire nel cineforum un filone
proprio riguardo questo sconosciuto cinematografia. In realtà vi propongo la
recensione dell’ultimo film di Kitano: Zatoichi. La trama può sembrare banale:
Zatoichi è un vagabondo cieco che vive giocando d’azzardo e facendo il
massaggiatore, ma dietro quest’umile facciata si cela un esperto ‘maestro’ di
spada. Capitato a causa del suo peregrinare in un paesino di montagna tenuto
in scacco dalla feroce famiglia dei Ginzo, si ritroverà a dover fronteggiare la terribile famiglia fiancheggiato da due geishe, un
ronin, due buffoni e una serie di altri personaggi assurdi. In un susseguirsi di colpi di
scena, di battute o situazioni alla Tarantino tanto
infelici e semplici quanto esilaranti, e di mordace ironia, ci godiamo
un ritorno alle origini di “beat” Kitano. Infatti, nonostante gli
innumerevoli pregiudizi che possono far pensare a Kitano come il regista
tragico per eccellenza, ermetico e onirico, il
nichilista dallo stile impassibile, con quest’ultimo film viene riportato alla luce il suo vero e primo amore:
la commedia (al ’72 infatti risale il suo debutto nel mondo dello
‘spettacolo’ quando, insieme ad un altro comico dal nome impronunciabile, |
formò un manzai, un duo
comico, “the two beats”, dal quale poi deriva il suo
nome d’arte nel cinema, ovvero Beat Kitano). Kitano è dunque anche comico
surreale, con quel suo modo di narrare imprevedibile e folgorante che mette
in luce allo stesso tempo anche la sua stupefacente semplicità. Inoltre Zatoichi,film assolutamente senza pretese, può essere chiara
espressione della situazione socio-culturale del Giappone nel XIX secolo,
anche se parodistica ed estremizzata. Personalmente sono patita dei
film cosiddetti stracciapalle e pur sapendo che sono in netta
minoranza consiglio a tutti qualcuno dei film di Kitano (che tra i giapponesi
è il più leggero...) come Dolls che ammetto essere un po’ pesante, ma
con i suoi personaggi inermi e ostinati, teneri ed eroici, trasmette tutta l’ amara dolcezza della vita e presenta più chiaro che mai
l’ineluttabilità del destino che infierisce impassibile; o, se preferite
qualcosa di più leggero, L’estate di Kikujiro. L’intento di questa sparuta introduzione
a Kitano è quello di avvicinare il più possibile chi di voi abbia un minimo interesse per il cinema per far conoscere
una produzione che resta spesso in secondo piano rispetto alle commedie-fuffa
americane e quant’altro. Se inoltre qualcuno di voi fosse
interessato… potete aiutarmi a convincere chi di dovere a inserire
almeno un film di questo grandioso regista nel beneamato cineforum. |
UN RACCONTO di Micol
Silberberg Il vagone della metropolitana si
fermò davanti a lui, la porta si aprì, aspettò che la gente scendesse per
salire e cercare con lo sguardo un posto libero: troppo tardi. Non importava,
sarebbe stato in piedi, alla fine erano solo quattro fermate. Arrivato a
destinazione, salì le scale e ad accoglierlo c'era una fitta pioggia che
rendeva la città più grigia e triste di quanto non fosse già. Tornando a
casa, si specchiava nelle vetrine dei negozi, vedendosi brutto e imbronciato,
e allora sorrideva spettinandosi i capelli, per sembrare più carino, e la
gente lo guardava strano. «Capita» pensò. Finalmente al portone, nessuno
rispose al citofono, questo voleva dire che la casa era rimasta in disordine
come quella mattina. Posato lo zaino, mise l'acqua sul fornello. Pasta per
l'ennesima volta. Del resto era la cosa più facile e veloce da fare. Suo
padre chiamò, disse che arrivava intorno alle otto, la madre - lo sapeva già
- sarebbe tornata verso le cinque. Era il suo primo anno di liceo, liceo
scientifico. Per l'indomani aveva tantissimi compiti, e nessuna voglia di
cominciare. La mattinata era stata massacrante: sei ore, di
cui tre della prof. di matematica che lo aveva spremuto per bene: ovviamente
aveva le sue stupidissime preferenze e lui non era fra gli eletti. Ad
Andrea venne in mente quando quel suo compagno era
venuto a casa e insieme avevano cominciato a studiare subito dopo pranzo,
finendo la marea di compiti per il giorno dopo alle quattro di pomeriggio,
mentre lui quando era da solo mangiava davanti alla televisione rimanendoci
attaccato per ore pur di non aprire i libri. |
Spesso aveva provato a iniziare i compiti dopo pranzo, ma era caduto
in un sonno profondo, interrotto improvvisamente dal suono sordo del
citofono. Mentre sceglieva la pasta da cuocere pensava che come al solito avrebbe perso tutto il pomeriggio dietro ai
compiti, senza riuscire ad andare a skateare, cosa che non faceva ormai da
più di una settimana, e senza vedere la sua ragazza che gli mancava da
morire. Si vedevano pochissimo da quando non andavano più a scuola insieme.
Lei ora frequentava il classico. Era seduto sul divano, i Simpsons erano
finiti, impotente ad alzarsi, indeciso. Quell'anno era tutto diverso, la
classe, la scuola distante, i professori. Tutti i suoi compagni abitavano
piuttosto lontano da scuola, tranne qualcuno che era davvero vicino e se la
faceva a piedi. All'inizio aveva conosciuto un sacco di gente nuova ed era
tutto contento, ma diventava difficile vedersi per stare insieme. Studiare
sempre da solo era una depressione e il telefono non squillava più di
frequente come prima per lui. Continuava a vedere i vecchi amici, ma non era
più la stessa cosa, adesso che erano in classi diverse. Quell'ultimo periodo
era una tristezza. Fuori dalla finestra le auto
scorrevano silenziose sotto la pioggia battente, le lunghe ore del pomeriggio
minacciavano di susseguirsi svogliate, e nessuno con cui condividerle.
L'estate sarebbe arrivata, bastava crederci: era ancora troppo lontana.
Seduto sul divano, immobile, Andrea rifletteva. Il citofono suonò. Imprecando
contro il fratello che dimenticava sempre le chiavi andò a rispondere. Un
momento. Non poteva essere lui, quel giorno tornava tardi... |
DALLA REPUBBLICA DOMINICANA dalla nostra corrispondente Irene
Panarello Sta piovendo, un pioggia
leggera. Le palme della carretera per Villa Altagracia brilleranno di un
verde ancora più affascinante. Se non fosse per i Modena e per tutti i ricordi
che portano le loro canzoni, l’Italia mi sembrerebbe un posto lontano,
sfocato, però al tempo stesso presente in me con una certa prepotenza. Gli occhi sono un po’ stanchi,
però questo è il momento di scrivere, di raccontare, di parlarvi di questo sorprendente
paese. Se vi aspettate notizie da
depliants turistici, rimarrete delusi, perché non vi parlerò della Repubblica
Dominicana che si vende ai “gringos”, ma di quella
che ho visto attraverso i miei occhi e che ho sentito sulla mia pelle. Sono ormai sette mesi che sto
vivendo in una famiglia a Santo Domingo, la capitale di questa repubblica
caribeña, con un programma di intercambio culturale. La disposizione che prima
condizione per leggere quello che vi racconterò è capire che questo paese non
ha molto a che vedere con quello che l’immaginario collettivo lega al suo
nome; spiagge, sole, dolce far niente. È un paese con tante
problematiche e grandi bellezze. Non mi dimenticherò mai del 22
di agosto del 2003. Le palme e il mare costeggiano la strada che
dall’aeroporto arriva alla città e lasciano ancora la possibilità di pensare
che si è arrivati nel paese dei cataloghi di viaggio. Già dopo qualche
minuto, ti accorgi che ci deve essere qualcos’altro. I colori della gente, le
loro espressioni, le case, le strade, cominciano a lasciar intravedere un
panorama conflittuale, delineando il profilo di una città e di un paese
assolutamente irregolari. La gente è eccezionale: qui si
trovano gli incroci di razze più strane, che vanno dai bianchi, ai neri,
passando per un infinità di sfumature e di
intensità. Nonostante ciò la gente è abbastanza razzista; oltre che con i
malgraditi vicini haitiani, che costituiscono la comunità di immigrati più
grande del paese (circa un milione), molta gente è razzista con quelli che
sono leggermente più scuri di lei. Le donne si lisciano sempre i capelli,
rinnegando i loro riccioli neri. Senza dubbio il calore umano che
sa trasmettere questa gente è incredibile, forte e contagioso. La natura, con
i suoi sgargianti colori e le sue maestose creazioni, trasmette uno spirito
positivo e intenso, il cui riflesso brilla anche
negli occhi dei bambini che lucidano le scarpe per la strada e in quelli dei
campesinos affamati. Perché non ci si può scordare
che questo è un paese del terzo mondo, o meglio in via di sviluppo. |
Sono tanti i poveri, più della
metà della popolazione, e si
concentrano nelle zone rurali e nelle periferie delle città, dove spesso
perdono l’incanto e la speranza che li aveva attirati. La situazione politica non è facile.
Una crisi economica di notevoli
proporzioni sta attanagliando il paese da prima di natale. Per darvi un’idea,
quando sono arrivata 1 euro valeva circa 33 pesos e adesso ne vale circa 60.
La crisi colpisce tutti. In primo luogo iniziano gli “apagones”, ossia i
black out. La luce viene deliberatamente tolta,
visto che la produzione di energia non copre il fabbisogno della popolazione,
lasciandoti di repente al buio, senza frigo, spesso anche senza acqua, senza
sapere quando ritornerà. La cosa buona è che non ero mai
stata così felice di farmi una doccia con acqua corrente dopo una
settimana in cui mi ero dovuta lavare usando un secchio. Si impara così ad apprezzare
tante piccole cose, che noi “sviluppati” diamo per scontate. Poi aumentano i
prezzi delle cose da mangiare e di tutto il resto, tanto che ci si vede
obbligati addirittura a dover comprare carta igienica scadente, perché quella
che si usava prima costa troppo. La corruzione dilaga nel
panorama politico. Tutto si può comprare impunemente. All’orizzonte si
prospetta una situazione desolante se non si produrrà un cambio di rotta. I
partiti hanno perso qualsiasi briciola di credibilità. Probabilmente per tutti questi
motivi per essere tristi, i dominicani sanno bene come divertirsi. Nei fine settimana non può mai
mancare in casa una “cerveza bien
fria”, un po’ merengue, bachata o salsa, gente che parla a voce alta e balla.
In questi momenti traspare anche un fascino particolare, che questa gente
porta nel sangue. Un orgoglio e una forza d’animo incredibili,
una dignità che ti fa sentire piccolo e un ottimismo incredibile. E non è solo un
impressione. Anche se molti l’hanno persa o
la stanno perdendo, la maggior parte dei dominicani porta in se una luce
unica, carica dei secoli di storia, delle tradizioni pittoresche, delle
dominazioni, le lotte e la magia di questa terra. Ed è proprio questa luce
che mi fa sperare in un futuro migliore per questo paese, se tutti i suoi
abitanti uniranno le loro forze. E con tutto il cuore spero che
questo momento arrivi presto, molto presto. Lo spero per gli sguardi dei
bambini, per la bellezza di questa terra, per i miei compagni d classe, per
le mie due sorelle e per questo “pueblo”, perché possa risplendere con tutto
il suo orgoglio, libero da ogni tipo di schiavitù e vivendo in una vera
democrazia, tanto politica come economica. |
Vittorio Zucconi, George: vita e miracoli di un uomo fortunato, Ed.
Feltrinelli, € 12,00 recensione di Federico
Longobardi Quello che esce dalla penna di Vittorio Zucconi, corrispondente dagli
States per “ Al contrario, Zucconi ama gli USA, dove lavora ormai da decenni: è grazie a questa lunga esperienza che riesce ad osservare il mondo in cui ormai è di casa con lo sguardo duplice del cittadino e dello straniero. È proprio in questa fusione di punti di vista che si manifesta tutta l’originalità del libro: un ritratto dell’uomo più potente del mondo osservato con spirito critico, ma attraverso le lenti della cultura americana. L’attenzione di Zucconi, infatti, sembra sempre tesa a far comprendere al lettore la differenza (che non è sinonimo di inferiorità) fra i meccanismi percettivi degli americani e degli europei. Così scopriamo che quella che a noi sembra idiozia, agli occhi dell’elettorato americano è capacità di conservare uno spirito fanciullesco, goliardico, un comportamento genuinamente statunitense: organizzare barbecue agli ospiti internazionali accolti nel suo ranch texano non è di cattivo gusto, ma è quello che tante famiglie farebbero al suo posto. |
Se, alla sua veneranda età, Bush continua a mangiare
quell’indigesto pane con burro di arachidi e marmellata jelly che tante
zelanti moms rifilano ai propri pargoli indifesi, questo vuol dire che è un
buon americano. Se confonde Degno complemento a questo libro
dai contenuti di estremo interesse è lo stile, brioso e leggero, come sempre.
Così si esce incolumi anche dalle dissertazioni più lunghe e dai racconti più
intricati: un aspetto non essenziale, ma che conferma le eccezionali doti di
narratore che Zucconi dimostra in ogni suo articolo, sempre lucido e
scorrevole. |
LE RANE CENSURATE di Giulia
Lombezzi "Le
rane" è la commedia di Aristofane che chiude la trilogia ronconiana
dedicata ai classici greci, cominciata l'anno scorso con il "Prometeo
incatenato" di Eschilo seguito quest'anno dalle "Baccanti" di
Euripide. Il protagonista della commedia è Dioniso da vecchio (Massimo
Popolizio), che compie un viaggio nell'Ade per riportare sulla terra il poeta
Euripide, che in effetti era morto da poco quando
Aristofane propose la sua commedia per la prima volta. Dioniso sente che la
poesia è morta con lui, e, sprezzante nei confronti d'ogni altro poeta,
decide di ritrovarlo. Vediamo il regno degli inferi nascere sul palco
silenzioso e tetro, costituito da automobili nere che si muovono inquietanti,
accendendo e spegnendo i minacciosi fari. La scenografia è realizzata quasi
solo così. All'interno di essa imperversa un Dioniso
grasso, pavido e abbastanza volgare, nulla a che vedere con il dio fiero e
seducente delle Baccanti; eppure proprio questo grottesco personaggio è a mio
parere il più commovente, per la scelta che motiva il suo viaggio e anche per
la scelta che opererà alla fine della storia. Dopo divertenti vicissitudini
commentate dai continui battibecchi col suo servitore Xantia (Francesco
Colella), Dioniso giunge al punto cruciale della vicenda: arbitrerà una gara
di poesia fra Euripide ed Eschilo,interpretati con
calore e vivacità da Riccardo Bini e Giovanni Crippa, |
e il migliore potrà tornare sulla terra e
risvegliare una società impigrita con la propria letteratura. Il momento
della gara è uno dei più intensi della commedia e vengono fuori nettamente le
differenti nature dei due scrittori:Euripide è un
politico, Eschilo è un sapiente. Dioniso rimane indeciso fino
all'ultimo, sembra affascinato dalle parole abili e fluenti di Euripide, ma toccato da quelle profonde del riservato
Eschilo. La frase che determina la sua decisione viene
pronunciata da Eschilo, riguardo alla condizione più triste che possa esserci
per dei cittadini:"Quando considerino come propria la terra nemica,e la
propria come nemica". Credo che la scelta di Eschilo dia un senso più
profondo a quella che altrimenti sarebbe stata solo una commedia. Il saluto di Plutone è pieno di speranza: "buon viaggio,
dunque Eschilo: salva la patria nostra con buoni consigli e ammaestra gli
stolti". Nel corso dell'opera vengono
fatte più volte allusioni di carattere politico e tutte, purtroppo, molto
attuali, perché la perdita della democrazia e l'involgarimento della cultura
non sono, a mio avviso, problemi da limitare all'epoca di Aristofane. Tanto
che nella prima rappresentazione delle rane, tenutasi l'anno scorso a
Siracusa, la scenografia aveva un elemento in più: tre grandi fotografie di
Berlusconi Fini e Bossi troneggiavano sul fondale del palcoscenico. Il
regista è stato costretto a toglierle. |
Il crepuscolo del latino Un dibattito non solo italiano Die Lateindämmerung, di Hannes Hintermeier - Frankfurter Allgemeine Zeitung, 20 marzo 2004 trad. Federico Longobardi Nell’ultimo periodo,
almeno sulla carta, le notizie sulle sorti del latino non erano poi così
cattive. Da qualche tempo la curva degli studenti che tornano a studiare il latino tende timidamente verso l’alto; c’è - anche nei
nuovi Länder che fino ad ora costituivano una zona off limits per il latino -
la percezione che non sia poi tanto assurdo dedicarsi a questa lingua. Qua e
là sbocciano tenere pianticelle, e recentemente anche il Vaticano e le
accademie scientifiche, attraverso l’iniziativa Ad fontes, si preoccupano della tutela della più importante lingua
scientifica. Ma chi è ad aver realmente bisogno del latino? Mentre i suoi
propugnatori sognano di elevarlo nuovamente alla dignità di materia
obbligatoria nei Gymnasium (i licei classici tedeschi - N.d.T.), gli oppositori
scuotono la testa. Tutte le argomentazioni si trovano non di
rado contrapposte, in una sorta di guerra di posizione. Taluni presumono
che questa lingua sia morta: in realtà si trova ancora in uno stato di morte
apparente, anche se il pericolo la insidia su più
lati. Molti genitori non riescono a capacitarsi del fatto che, nell’era di
Internet, la filia o il filius si debba cimentare con il De bello gallico di
Cesare. Per giunta la fama di questa materia non è troppo buona, soprattutto
fra quei genitori che non l’hanno appresa a scuola. Il latino è considerato
difficile, impegnativo e… aumenta il rischio di bocciature. La possibilità di
usarlo nella professione viene quasi del tutto esclusa. Mossi da spirito
utilitaristico, comitati di genitori ambiziosi ed esponenti della religione
di Wall Street pretendono che il Gymnasium offra un profilo adeguato alle
nuove esigenze: la scuola dovrebbe assomigliare ad una impresa
economica, capace di catapultare i futuri adulti nella carriera universitaria
e professionale, senza troppi fronzoli umanistici. Allo stesso tempo
associazioni di genitori scatenano un putiferio contro i carichi di lavoro
eccessivi imposti ai bambini. Come una vera e propria lobby auspicano che
l’impegno si rivolga a materie “sfruttabili” come l’informatica e le scienze.
Ai Gymnasium si dà un gran peso per il raggiungimento di questo obiettivo; il
praticantato e gli stages
preparerebbero alla vita reale. La fiducia in una formazione al passo coi
tempi e migliore culmina nelle parole d’ordine della politica e del
management come risultato e competenza metodologica, con cui in
molti casi si intende anche la liberazione da una conoscenza troppo
approfondita. Friedrich
Nietzsche, filologo dell’antichità con interessi per tutto ciò che riguarda
l’uomo, nel 1872 scriveva, nelle sue Conferenze
sul futuro delle nostre scuole, che chi pone la formazione alla scienza
come obiettivo del Gymnasium sacrifica il vero
obiettivo formativo del Gymnasium: infatti «l’uomo di scienza e l’uomo colto
appartengono a due sfere diverse, che di tanto in tanto possono toccarsi in
un individuo, ma non arrivano mai a coincidere». Qui entra in gioco la
burocrazia degli enti preposti all’istruzione. |
Così il ministero
bavarese per la scuola e l’istruzione - sotto la giurisdizione del quale
leggenda vuole che si svolga più della metà delle ore di latino tenute in
Germania - sostiene le lingue classiche con la tesi che il latino e il greco
contribuirebbero alla formazione della personalità anche perché «gli studenti
si confrontano con i temi essenziali e nodali della natura umana [das Menschsein]». Il latino sarebbe
dunque la materia che meglio incarna il detto Non scholae, sed vitae discimus, abbracciando etica, religione,
filosofia? Un conto è
riconoscere questo fatto, un altro metterlo in pratica. Così in Baviera una
Commissione si è impegnata per anni a redigere un nuovo piano di studi, che è
entrato in vigore all’inizio dell’anno scolastico 2003-2004. Una cosa che è
durata tanto, ha la validità di un solo anno: fin da settembre il Gymnasium,
che dura otto anni, diventa realtà - e con esso la
riduzione di contenuti e del periodo di studio e formazione. Un primo passo è
stata la riduzione del vocabolario di base di latino, che è passato da circa La maggioranza dei
professori di latino ha però accolto con favore il vocabolario snellito; i
vocaboli dovrebbero essere imparati solamente se vengono
usati realmente. Che, in questo modo, parole universalmente amate e usate
nella vita reale come “fenestra”, “mundus” o “medicus” vengano
buttate a mare, è una conseguenza bizzarra della riforma. L’antico sogno di
portare tutti gli studenti a saper leggere i testi antichi è svanito da
tempo. C’è un’intera legione di docenti universitari che si lamentano perché
le matricole arrivano all’Alma Mater con nozioni di base carenti. Gli
insegnanti del Gymnasium non contestano questo fatto, ma rimandano le
responsabilità ai Ministeri, i quali non offrono un monte ore adeguato. Questo stato di cose non migliorerà in alcun caso. Se in
futuro nell’undicesima classe (il penultimo anno della scuola dell’obbligo
tedesca - N.d.T.) si dovranno affrontare fino a quaranta ore settimanali, la
pressione sul latino aumenterà ancora. E allora si possono già ipotizzare
strategie per eliminarlo del tutto - si guadagnerebbero con una sola mossa
enormi capacità organizzative e di personale. Non c’è bisogno di fare
l’uccello del malaugurio: è già appollaiato sulla lavagna. Lo spirito dei
tempi, che prende le distanze dai canoni classici, non conosce più il metodo
per evocare quella “disperazione dell’ignoranza” (Nietzsche), con la quale dovrebbe essere comprensibile che il latino è
tutt’altro che un sapere morto. Sulla strada del puro utilitarismo, le
deviazioni produttive che il latino offre vengono sempre più ridotte a
semplici rettilinei. Ne consegue la trasformazione in un’autostrada che fornisce solo dati utili per la formazione.
Si fa così piazza pulita dei meandri di ogni sorta. E allora, prima o poi, i presunti morti
saranno morti per davvero. |
.
INTERVISTA
DOPPIA AI PROFF.
Pietro DE LUCA |
Guido PANSERI |
Nome: Pietro Cognome: De Luca Età: 51 Sposato? Sì Figli? 3 Di dove sei? Cassano Ionico (Cosenza) Digli una cosa che ti piace di lui. I capelli E una cosa che non ti piace. Il narcisismo Cosa voti? A sinistra Il primo ministro ideale? Bertinotti Un voto alla scuola italiana? 8 Un voto alla riforma Berlinguer? 6,5 Un voto alla riforma Moratti? 5 più Un’idea semplice per migliorare la scuola italiana? Lasciarla
così com’è Un’idea semplice per migliorare il Berchet? Ognuno
faccia il suo mestiere Che squadra tifi? Milan Mai stato bocciato? No Voto di maturità? 50/60 Il tuo programma preferito? Blu Notte Che giornale leggi? Manifesto e Repubblica Un libro che consiglieresti a tutti? Stupide White Man Un film che consiglieresti a tutti? L’attimo fuggente Hai mai pagato per fare l’amore? No Quante partner hai avuto? Si contano sulle dita di una
mano Studentesse? No Hai mai avuto esperienze omosessuali? No, ma non si sa
mai! Mai fumato una canna? Si Quando l’ultima? 20 anni fa Mai provato altre droghe? No Mai visto un film porno? No Hai fatto il servizio militare? Si Ti hanno mai fischiato? Altro che! A che età il primo bacio? 13 A che età la prima volta? 19 In classe fai preferenze? No Una legge che faresti subito? Abolizione dell’esercito
Un collega che stimi? Sono tanti Uno che non ti sopporta? Sono tanti Tre aggettivi per definire la gestione Diotti? Efficiente,
problematica, positiva E’ giusto che la scuola organizzi attività per i suoi
studenti come concerti o balli di fine anno? Si Come ti giudichi esteticamente? Normale Il tuo eroe? Cincinnato Paghi il canone RAI? Purtroppo si La donna più bella del mondo. Debra Whinger Quanto guadagni? 1'300 euro circa Hai mai evaso le tasse? No L’ultima cosa che hai imparato? Non ho ancora finito Una domanda che vorresti fare all’altro. Ci fai o ci
sei? Risponde Panseri: Ci sono facendo Non temi che a furia di litigare gli insegnanti finiscano
per diventare una sorta di teatrino per noi studenti? No Per finire come da Marzullo: fatti una domanda e datti una
risposta. Torneresti al Berchet (lo ha scelto lui, ndr)? Sì |
Nome: Guido Cognome: Panseri Età: 55 Sposato? Lo fui Figli? Sì Di dove sei? Torre Bordone (Bergamo) Digli una cosa che ti piace di lui. La statura
(virtuale) E una cosa che non ti piace. La statura (virtuale) Cosa voti? Secondo la geometria politica del momento Il primo ministro ideale? Non esiste Un voto alla scuola italiana? 6 Un voto alla riforma Berlinguer? 5 Un voto alla riforma Moratti? 5 Un’idea semplice per migliorare la scuola italiana? Educazione
alla parola libera Un’idea semplice per migliorare il Berchet? Agire per
il suo “tramonto” Che squadra tifi? Albinoleffe Mai stato bocciato? Non ricordo Voto di maturità? Non ricordo Il tuo programma preferito? Gli spot (aristotelici) Che giornale leggi? Corriere
e Repubblica Un libro che consiglieresti a tutti. Un film che consiglieresti a tutti. Arancia Meccanica Hai mai pagato per fare l’amore? Tutto è dono Quante partner hai avuto? Una, nessuna,
centomila Studentesse? Socrate imparò da Diotima… Hai mai avuto esperienze omosessuali? Non sottovaluto
Platone Mai fumato una canna? L’uomo è una canna che pensa Quando l’ultima? Coincidentia
oppositorum Mai provato altre droghe? Memento homo qui pulvis es Mai visto un film porno? Spesso così si mostra la vita Hai fatto il servizio militare? Certo Ti hanno mai fischiato? Dove? A che età il primo bacio? Fin
dall’inizio A che età la prima volta? Nell’istante eterno Una legge che faresti subito? Leges multiplicanda non sunt praeter necessitatem Un collega che stimi? L’altro da me Uno che non ti sopporta? Quello che non mi intende Tre aggettivi per definire la gestione Diotti? Narcisistica,
ipertrofica, ammutolente E’ giusto che la scuola organizzi attività per i suoi
studenti come concerti o balli di fine anno? Se gli studenti lo desiderano
non vedo il peccato Come ti giudichi esteticamente? Al di là del bene e del
male Il tuo eroe? Don Chisciotte Paghi il canone RAI? Certo La donna più bella del mondo. Quella che ti viene
incontro Quanto guadagni? Non amo guadagnare Hai mai evaso le tasse? Ho appena uno
stipendio L’ultima cosa che hai imparato? È anche la prima: l’amore tutto sopporta e tutto comprende Una domanda che vorresti fare all’altro. Vorresti fare
il dirigente? Risponde De Luca: Lo
farò. Non temi che a furia di litigare gli insegnanti finiscano
per diventare una sorta di teatrino per noi studenti? È quello che ho
sempre pensato e contro cui ho agito Per finire come da Marzullo: fatti una domanda e datti una
risposta. La risposta è talora la maledizione della domanda, il mio chi
sono è sempre aperto |
L’ANGOLO
DEL TEST
a cura di Haydee Longo (III E) e Melina Mignani (III
E), e della Redazione de Il Flogisto
Ora vi proponiamo un breve test attitudinale. Siamo
certi che sarete tutti abbastanza intelligenti e abbastanza ricchi di senso
dell’umorismo per non offendervi… in caso contrario sappiate
che tutti i riferimenti a cose o persone realmente esistite sono puramente
casuali (anche quando facciamo nomi e cognomi)
1)
Il mio numero cellulare è:
a)
di
dominio pubblico, c’è chi ha ucciso per averlo
b)
sul
mio biglietto da visita insieme a e-mail, fax, numero di telefono e indirizzo
c)
349-123666….
Mi sa che lo cambio.
2)
Sabato sera:
a)
Barcollo
ma non mollo
b)
Bello,
c’è Gad Lerner in tv
c)
????
non ho capito la domanda
3)
Versione di greco:
a)
Un
motivo in più per farsi una canna
b)
Due
piacevoli ore di svago culturale
c)
Speriamo
sia dal Vangelo di Giovanni, tanto lo so a memoria…(non sarà mica peccato?)
4)
Test della patente, segnale 1:
a)
Un
bel paio di bbocce.
b)
Strada
deformata, presegnala un tratto di strada o di carreggiata in cattivo stato
(deformata o dissestata) o con pavimentazione irregolare.
c)
E
un segnale di pericolo, quindi è peccato
5)
Lei è:
a)
‘na bella bbroegna
b)
bravissimo
a leggere in metrica
c)
una
creatura di Dio
6)
Le vacanze:
a)
Sesso,
droga e rock n’roll
b)
Tour
i migliori atenei americani
c)
San Remo, Saint
Moriz e Santo Domingo
7)
La mia seconda casa è:
a)
‘stalla
b)
Aula
Vignola
c)
San
Francesco di Sales
8)
Il tuo idolo è:
a)
Badini
b)
Badini
c)
Badini
9)
Posizione politica:
a)
69
b)
Io
sono per il doppio turno con premio di maggioranza, semipresidenzia-lismo alla
francese, Mattarellum e scorporo al 5%
c)
Papa
boy
10)
Autore latino preferito:
a)
Asterix
b)
Cicerone,
per la prosa scorrevole e le gustose figure di costrutto, con cui arricchisce
l’inconfondibile ipotassi.
c)
Forse
S.Agostino, comunque basta sia fuori dall’ index
librorum proibitourm
11)
Primo appuntamento:
a)
A
casa mia sperando che…
b)
Seminario
interculturale, mostra o conferenza.
c)
Mai
con la donna d’altri.
12)
Parola latina preferita:
a)
Fellatio
b)
Eruditio
c)
Divinatio
13)
Lei ti guarda con sguardo
languido:
a)
La
sfondo!!!!
b)
Ritiene
auspicabile approfondire la di noi conoscenza, signorina?
c)
Non
so, ho forse qualcosa nell’occhio?
PROFILO A: Complimenti! Sei un tipo intraprendente,
attivo, sempre disposto a socializzare. I tuoi amici possono sempre contare
sulla sincerità della tua amicizia (finché non si fidanzano con una tipa
carina) le tue amiche un po’ meno. Sei sempre al centro dell’attenzione (… ci
hai anche un po’ rotto il cazzo) e hai fatto tuo il ruolo di “piazzato” della
scuola. Un consiglio continua a usare il preservativo (..soprattutto
con la tipa del tuo migliore amico..)!
PROFILO B:
Se hai la maggioranza di B potresti essere un ragazzo stimolante, interessante
e pieno di interessi; se invece hai totalizzato solo risposte B… beh in quel caso ti abbiamo sgamato: sei Federico
Longobardi!
PROFILO C:
Più che profilo C si potrebbe parlare di profilo CL. Un bravo ragazzo,
pieno di interessi (anche se spesso diversi da quelli del profilo B) con una
visione del mondo ben precisa, spesso un po’ fanatica ma a volte anche
coraggiosa e controcorrente (almeno in una scuola come la nostra dominata da
profili A). Vai in pace, ego te absolvo!