IL FLOGISTO

Giornale a cura del Collettivo (e non solo) del Liceo Berchet

 

Anno 1 - numero 3 (maggio 2004)

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EDITORIALE

a cura della Redazione de Il Flogisto

Eccoci alla fine. Questo sarà l’ultimo numero del Flogisto, almeno per quest’anno.

Come potete notare questa volta siamo tornati ad una grafica un po’ più casereccia. A un mese dalla fine della scuola con la maturità che incombe elaborare una veste grafica come quella dell’altra volta portava via troppo tempo. Speriamo nella vostra comprensione.

Come sempre, giunti alla fine di un percorso, ci si trova a tracciare un bilancio. Questo giornale, all’alba della sua fondazione si era posto tre obbiettivi:

Il primo era suscitare dibattito sui temi che sarebbero stati via via proposti. Direi che, più o meno ci siamo riusciti, pensiamo alla polemica sulla laicità con i colleghi del Corsaro (purtroppo scomparso prematuramente), al dibattito sulla John Berchet High school sviluppatosi su queste colonne, al botta e risposta sulla Resistenza che troverete in questo numero… Si, il primo obbiettivo è stato raggiunto.

Il secondo obbiettivo era quello di essere il giornale di tutti gli studenti e non solo di un gruppo politico o di amici: grazie anche all’utilizzo di internet e e-mail direi che abbiamo centrato anche questo obbiettivo e tutti gli studenti che hanno visto i loro articoli pubblicati, a prescindere dall’argomento, dalla posizione ideologica e anche, entro certi limiti,

 

 

dalle capacità giornalistiche, lo possono dimostrare. Abbiamo pubblicato interviste, dibattiti sulla resistenza, test attitudinali, recensioni e  articoli su qualsiasi argomento (dalla Samp alla Moratti). Anche il secondo punto del nostro contratto con i Berchettiani è stato onorato.

Il terzo obbiettivo era quello di fungere da cerniera tra i luoghi del potere e gli studenti. Raccontare cosa succede in Consiglio d’Istituto, in Comitato Studentesco o al Collettivo (di cui comunque questo giornale doveva essere l’organo ufficiale). Qui abbiamo fallito, concentrandoci, a nostro parere giustamente, sui primi due obbiettivi.

Il bilancio è dunque positivo: 50 articoli di 37 studenti diversi per un totale di 35 pagine. Niente male, anche considerata l’esperienza degli anni precedenti o dei giornalini concorrenti.

A proposito del Corsaro: quest’anno abbiamo “vinto noi”, altre volte erano stati i nostri giornalini (come la Locomotiva) a deragliare (come loro ci facevano puntualmente notare) mentre il loro Corsaro arrivava in porto. A nostro parere questa competizione non ha senso. Meglio unire le forze e fare un unico giornale,che ospiti le opinioni di tutti, che rappresenti l’intero Berchet e che ne diventi la voce ufficiale. Sono già due anni che lo proponiamo e che loro rifiutino, speriamo che questo sonoro 35 pagine a 6 li riduca a più miti consigli

 

 

 

 

POCHI CONSIGLI PER I REDATTORI DEL FLOGISTO

 

 

Al fine di evitare un lungo (e noiosissimo) lavoro di revisione da parte della Redazione, si ricordano qui le principali norme di battitura dei testi, che dunque vi chiediamo di provare a rispettare nei vostri futuri articoli.

 

Ø       Tutti i segni di interpunzione (punto, virgola, virgolette, etc.) vanno posti attaccati alla parola che precede e separati con uno spazio da quella che segue.

Ø       I testi NON vanno battuti tutti in caratteri maiuscoli.

Ø       I puntini di sospensione sono 3, né più né meno.

Ø       Gli articoli vanno battuti con allineamento giustificato, inserendo gli a capo solo dove servono.

 

 

Inoltre:

 

Ø       Gli articoli devono essere firmati con nome, cognome e classe. Se si richiede l’anonimato, firmarli ugualmente; poi la Redazione eliminerà il nome dalla copia stampata

Ø       Se possibile, gli autori scelgano anche il titolo

Ø       Si consiglia una lunghezza compresa fra i 2500 e i 4000 caratteri: così c’è spazio per tutti!

 

 

Grazie!                                                                                                                                                flogisto@liceoberchet.it

 

 

 

 

 


DISOBBEDIENTI: IL MALE DELLA SINISTRA

di Luca Quaglia

Mette tristezza vedere il segretario dei DS Piero Fassino, una persona tutt'altro che violenta, essere contestato da quattro teppistelli, che molti chiamano disobbedienti ma che io definirei soltanto come degli squadristi fascisti della peggior specie. Questi teppisti, per i quali non c'è nessuna attenuante, hanno rovinato un'enorme manifestazione per la pace e contro il terrorismo. Questi teppistelli, che non hanno nulla da spartire con il grande movimento pacifista, visto che sono dei violenti e degli antidemocratici, hanno pesantemente insultato Fassino e i militanti dei DS. Ora, spiace vedere che all'interno del movimento studentesco di sinistra molti assolvano se non addirittura condividano questa forma di protesta. Secondo me questi fascisti, nel vero senso del termine, vanno solamente isolati, anzi, espulsi dal movimento studentesco di sinistra, visto che con esso non hanno nulla da spartire.

Gli slogan urlati contro i DS erano fra l'altro pesantissimi: si sono sentiti slogan che comparavano i DS alle SS, cui semmai appartenevano i disobbedienti che contestavano vista la loro violenza, oppure urla contro Fassino che veniva definito come un "assassino" o un "guerrafondaio". La cosa ancora più sorprendente è il motivo per cui questi buffoni fascisti contestavano Fassino: secondo loro, la non partecipazione al voto della lista riformista dell'Ulivo, che, mi dispiace per loro, nei sondaggi supera il 35% dei voti, per le varie missioni di pace era un atto di assenso verso la guerra in Iraq. In realtà, va ricordato, che i DS, la Margherita e lo Sdi non

hanno partecipato al voto per un semplice motivo: tutti e tre i partiti erano e sono contro la missione in Iraq, e avevano chiesto, con tutto l'Ulivo, di presentare due decreti separati per le varie missioni di pace all'estero, uno in cui si fosse chiesto il rinnovo per la missione irachena, l'altro per tutte le altre missioni di pace all'estero. Questo governo meschino, però, non ha ascoltato l'appello dell'Ulivo, e quindi la lista riformista, essendo favorevole a tutte le missioni di pace ma non a quella in Iraq, non ha partecipato al voto in segno di protesta. Gli altri partiti dell'Ulivo, invece, per puri scopi elettorali, hanno votato no a questo decreto dicendo poi, ogni volta che se ne presentava l'occasione, che i riformisti non erano né contro né a favore della missione irachena, mentre i due partiti comunisti, i Verdi e Di Pietro erano gli unici, veri pacifisti. Questa è una menzogna, smentita dai fatti.

Per fortuna, la vergognosa aggressione a Fassino è stata condannata da tutti i partiti del centrosinistra e anche da Rifondazione Comunista.

Si può e si deve sperare, quindi, che il centrosinistra sappia superare, malgrado i disobbedienti, questa tensione che non ha in realtà ragion d'essere. Solo così, attraverso l'unità, si potrà sostituire Berlusconi al governo del paese, così come la sinistra spagnola, guidata da Zapatero, ha sostituito il governo di destra del premier uscente Aznar.

 

 

 

 

 

 

STORIA: VERA O FALSA? DI’ LA TUA.

UNA LETTERA PROVOCATORIA ALLA REDAZIONE DEL FLOGISTO

di Riccardo Tordera

 

Questo mio intervento scatenerà senza dubbio polemiche, diffidenze, ecc., senza dimenticare che mi bollerete subito come un fascista revisionista. Ebbene pensate come volete, ma NON è COSI. Mi sono deciso a scrivere

solo perché ho visto un'effettiva pluralità di argomenti toccati. Penso che sia interessante sapere, oltre alla giusta commemorazione della Shoà, anche qualcosa in più sulla nostra storia nazionale, come la guerra civile del 1943-1945. Anche se il mito della Resistenza ha a lungo negato l'esistenza dell'altro fronte, è ormai innegabile che l'altro fronte (che nelle scuole studiamo come formato da una congrega di satanici assassini) sia esistito. E sarebbe anche giusto iniziare a rompere il muro che indica i vinti come il male assoluto. Perché è proprio dagli eredi di quel "male assoluto" che siamo oggi in parte governati. Anche se Fini rinnega il suo passato e la gente applaude (non tutti, basta guardare quanta gente raccoglie attorno a sé Alessandra Mussolini), egli viene da lì. Ma non solo a destra rinnegano, anche a sinistra... Per i Ds oggi, l'epiteto comunista sta diventando un'offesa. Ma non è su questo argomento che mi voglio dilungare. Cosa sapete, sappiamo, della guerra civile? della Resistenza? della RSI? Quello che i libri passano è che la prima fu giusta e la seconda sbagliata, senza approfondire le ragioni della parte "sbagliata" ma solo enfatizzando all' estremo la parte "giusta". Ma in un mondo così democratico (mi riferisco all'occidente, in cui viviamo), che tanto teniamo a sbandierare, si può giudicare senza sapere? Penso di no. In Italia i partigiani furono 2-300.000. Tanti sì, ma pochi rispetto ai 44.000.000 di abitanti dell'allora Regno d'Italia. Che cosa volevano veramente i partigiani? Importare la democrazia (con le armi ....!) o costituire una repubblica comunista come l’URSS? E i fascisti? Avevano la smania perversa di sostenere gli aguzzini nazisti o erano animati dal volere

riscattare l'onore di un paese capitolato per saltare sul carro del vincitore e non perché impossibilitato a combattere? (senza dimenticare che i campi di concentramento furono scoperti solo il 23 gennaio ‘45, giorno della commemorazione della Shoà). Ci sono molti libri di generali americani che hanno combattuto contro i fascisti ma che hanno apprezzato il loro sacrificio per l'amore alla Patria! Bene, spero che queste parole bastino a provocare reazioni da parte di qualcuno interessato a rispondere sul prossimo numero, su questo argomento che, da qualunque parti lo si voglia vedere, deve appassionarci: è la nostra storia, tragica per chi ha dei morti da ricordare; è la storia d'Italia e gli Italiani devono sapere quale prezzo di sangue è costata l'Italia, perché quando si è in guerra la gente si uccide. Tutti uccidono, rossi o neri che siano. Eppure solo i crimini dei secondi (spesso gonfiati) sono passati alla storia, e senza volutamente sfiorare il tema foibe dove i democratici comunisti partigiani titini uccidevano la gente solo perché era italiana (una specie di olocausto contro di noi da parte dei "liberatori"). Spero che si riesca a rompere la coltre di omertà che da 60 anni circonda questo argomento. I morti non sono di serie A o B. Questa è una democrazia. Eppure c'è qualcuno che sembra avere paura di dirci la verità, come se sapendo la verità si possa intaccare l'ideologia resistenziale... Non penso che questo possa avvenire, a meno che, sapendo cosa realmente successe, sapessimo ciò che alcuni ventilano ma che non si può dire: che i "giusti" furono più feroci e brutali dei "demoni".

 

 

A proposito di Resistenza

 

di Rocco Polin

Quando Riccardo mi ha detto di aver scritto un articolo per il Flogisto ne sono stato felice; lo vedevo sempre con in tasca “il Giornale” o l’”Indipendente”, lo sapevo ragazzo di destra, ma ne avevo anche apprezzato gli interventi in Comitato Studentesco e comunque pensavo, e penso ancora, che in una scuola monopolizzata da Collettivo e Cl una voce di destra avrebbe potuto essere molto stimolante. Ora che l’articolo l’ho letto non posso però fare a meno di replicare; questo giornalino uscirà poco tempo prima del 25 Aprile, non potevo aspettare il prossimo numero per rispondere. Innanzi tutto riconosco che nel nostro paese è stato a lungo coltivato una sorta di “mito della Resistenza”, del resto è stato così in molti altri paesi europei dove i governi post-bellici basavano proprio sulla resistenza la loro legittimità; in fondo la resistenza è una delle pochissime pagine gloriose della nostra storia patria. La situazione è però ormai opposta, dal mito della resistenza si è passati  alla riabilitazione del fascismo e dei repubblichini e ora addirittura alla criminalizzazione dei partigiani. Vediamo quindi di rimettere le cose al loro posto.

1) I partigiani ci hanno conquistato la libertà e democrazia, non hanno instaurato un regime

Tu dici  che dovremmo cercare di capire le ragioni dei repubblichini perché “proprio dagli eredi di quel male assoluto ora siamo governati”. Ecco, appunto. Tu credi che se avessero vinto loro ora saremmo governati dagli eredi dei partigiani? Prima differenza: i partigiani hanno combattuto per la democrazia, i repubblichini combattevano per la restaurazione del regime fascista. Ma tu sembri negare anche questo. Tu ci chiedi che cosa volessero veramente i partigiani, per caso “costituire una repubblica comunista come l’URSS?”. Innanzi tutto i partigiani non erano tutti comunisti e quindi è improbabile che combattessero per il comunismo, comunque anche ammesso che tu ti riferissi a quelli che lo erano la domanda rimane faziosa: l’effetto della loro lotta è stata una democrazia dove ha governato per 50 anni la DC; mi sembra inutile fare il processo alle intenzioni, anche considerato che in Italia gli unici tentativi o progetti di colpo di stato sono stati fatti dalla destra mentre il Pci  se ne stava buono all’opposizione a difendere le istituzioni democratiche.

 

2) Scegliere la resistenza o la Repubblica di Salò non era la stessa cosa

 

Poi ci parli dei fascisti e del “loro sacrificio per l’amore della patria”. Va bene, ammettiamo pure che coloro che hanno scelto di aderire alla Repubblica Sociale Italiana lo abbiano fatto con le buone intenzioni che tu gli attribuisci e non, per esempio, perché erano indissolubilmente compromessi col fascismo e non avevano quindi alternative. A questo punto tu vorresti sostenere che partigiani e fascisti sono uguali, hanno entrambi scelto in buona fede per il bene della patria e l’unica differenza e che i secondi hanno perso la guerra e si sono così visti negare la buna fede dalla storiografia dei vincitori. Puoi almeno concederci che tra le due scelte una era quella giusta e una quella sbagliata? Una conduceva ai lager e una alla democrazia? A parte questo fatto che spero sia indiscutibile tra le due scelte c’è un’altra sostanziale differenza: “nella scelta resistenziale c’era un significato di liberà implicito nel suo essere un atto di disobbedienza; l’adesione alla RSI rivestiva invece un suo carattere istituzionale, nel quale affioravano cospicue tracce del conformismo degli anni del Regime” (G. De Luna, Fascismo Antifascismo: le idee, le identità La Nuova Italia). La scelta partigiana era quindi una scelta coraggiosa e libera, andare con i repubblichini (al tempo al potere) voleva spesso dire semplicemente mettersi con il più forte.

 

3) Non è vero che nei libri di storia le ragioni dei vinti vengano ignorate, anzi…

 

Un’ultima cosa: sei in quinta ginnasio, aspetta di arrivare in terza e studiare la resistenza vedrai che non è affatto vero che le ragioni dei vinti vengano ignorate o che la resistenza venga mitizzata, magari è stato così nel passato ma ora col fatto che “non si parla mai delle ragioni dei vinti” si finisce per parlare più delle loro che di quelle dei vincitori.

Il tema è molto ampio, ci sarebbe molto altro di cui parlare, cosa spinse i partigiani ad andare in montagna, l’atteggiamento della popolazione civile, l’eredità della resistenza, il fascismo che ritorna… non posso occupare troppo spazio, per questa volta basta così ma sappi che è solo il primo round….

 

 

 

 

 

 

 

 

Paradossi

di Tommaso Canetta

 

La guerra in Iraq è stata fatta per il vago (e infondato) sospetto che Saddam avesse armi di distruzione di massa. Com’è possibile che la Nord Corea, che siamo sicuri abbia armi di distruzione di massa, e che è nella lista nera di Bush, venga ignorata completamente? Non sarà che proprio perché i Coreani le armi di distruzione di massa ce le hanno che non la attacchiamo? Chissà che conseguenze trarranno da quest’esempio i paesi che si sentono minacciati dagli Usa…

Berlusconi propone di innalzare l’età pensionabile, di diminuire i giorni di vacanza, insomma di far lavorare di più. Sorge un legittimo dubbio: come si fa ad aumentare l’occupazione se chi sta già lavorando lo farà in eterno? Quando saremo laureati, e tutti i posti saranno impegnati da persone che hanno 30 anni di lavoro alle spalle, andremo a zappare la terra, oppure ci saranno contadini ottantenni a cui non è dato andare in pensione?

La sinistra tedesca vinse le elezioni sul no alla guerra in Iraq, la sinistra spagnola ha vinto le elezioni sul ritiro delle truppe da una guerra percepita come ingiusta, la sinistra francese ha battuto sonoramente la destra che pure era non interventista: riuscirà la sinistra italiana a dividersi e a perdere sul tema che ha dato unità e vittoria a tutte le altre sinistra d’Europa?

 

Non volevano permettere di insegnare all’asilo ad una maestra musulmana perché temevano che il velo spaventasse o condizionasse i bambini. Ma le signore anziane non indossano spesso un velo sui capelli? E gli asili di suore sono luoghi di trauma per l’infanzia?

Ad una cena dei Repubblicani in campagna elettorale Bush scherza sul fatto che non riesce a trovare le armi di distruzione di massa, mostrando foto che lo ritraggono nell’atto di cercarle nello studio ovale. Lui ride, chissà se ridono anche gli iracheni o i soldati che ha spiritosamente mandato al macello…

Negata la grazia ad Adriano Sofri, Ferrara si infuria con la Destra, la Lega e An esultano, ma Berlusconi dice di non essere un dittatore e di non poter obbligare a votare certe leggi il suo partito. Strano…avrei giurato che nei primi due anni di governo il signor Berlusconi non avesse fatto altro…

Legge Fini che parifica le droghe leggere a quelle pesanti, scelto lo slogan “Nessuna droga è leggera!” Il ragionamento di Fini deve essere stato che dato che ora sono tutte pesanti, tanto vale calcare le mano. Gli esperti sono concordi nel porre questo ragionamento alla base del parto della legge, che senza l’utilizzo di acidi non si spiegherebbe…

 

 

 

 

 

A proposito di omosessualità.

Una lettera per riflettere

di Edoardo Briola

Non mi ritengo certamente una persona colta, non ho mai scritto né forse pensato nulla di molto profondo in tutta la mia vita. Vorrei tentare, tuttavia, di parlare per una volta di qualcosa di un po' più serio, di una cosa che ritengo molto importante: forse non lo è, ma c’è chi la rende tale. Giudicate voi.

 Io sono cresciuto in una famiglia che mi ha insegnato prima di tutto la tolleranza verso chiunque, a prescindere da razza, religione, ecc. E non ritengo questa una "buona" educazione, sia chiaro, bensì penso che sia quella che ogni genitore dovrebbe impartire ai propri figli.

Ebbene, è inutile parlare dei frequenti episodi di discriminazione razziale, religiosa & Co. nel mondo; i telegiornali se ne occupano già abbastanza (e forse ancora troppo poco).

 Ma qualche mese fa, durante una normale giornata di scuola, un avvenimento mi ha colpito. Si stava parlando di omosessualità, non so a quale esatto proposito, quando una mia compagna di classe si è rivolta a me con una frase del tipo: "Io non so perchè questi non possano comportarsi come gli altri. Per me dovrebbero adattarsi a quello che fanno tutti; o vivono civilmente come le altre persone o, se proprio vogliono fare a quel modo, che non vengano a rompere le scatole a noi".

  Fin dal momento in cui ho udito tale “bestemmia” (non ho altri modi per definirla), al di là del lecito sbigottimento, mi sono chiesto: ma è possibile che Chiesa, genitori, e/o mezzi d'informazione possano ancora convincere i giovani di simili cazzate?

 Una delle prime cause di affermazioni come questa l’ho individuata nelle sempre azzardate sentenze della Chiesa, che definisce l’omosessualità contro natura: sarà pur vero da un certo punto di vista che l’omosessualità è contro natura (lo è, sia chiaro, nella misura in cui lo è un esaurimento nervoso, trattasi infatti di disturbo psicologico), ma ritengo una cosa assolutamente intollerabile non accettare appieno in una società come la nostra due persone che si amano, e che magari vanno pure a Messa ogni domenica.

Come allo stesso modo non comprendo (spiegatemelo voi) perché i Governi, tranne poche eccezioni, non permettono loro di sposarsi, cioè di vivere legalmente una vita come la nostra: forse non lo meritano? Non mi va neppure di soffermarmi poi su tutti gli episodi di discriminazione nei confronti degli omosessuali, come quando fu negata ad un ragazzo la confessione perché conviveva con un altro uomo: roba da far accapponare la pelle. Penso comunque che le istituzioni, che spesso agiscono del tutto a sproposito anche nell’ambito delle questioni più semplici, dovrebbero pensarci due volte prima di lasciarsi andare a giudizi in merito a questioni così delicate, dato soprattutto il loro potere persuasivo.

 

Non presterei infine neppure grande attenzione alla massa di persone che, giunte ad una certa età, forse proprio a causa dell’influenza di chiese e mezzi d’informazione, se non di opinioni diffuse qualche decina d’anni fa, conferiscono agli omosessuali appellativi che, detto sinceramente, denotano tutta la loro senile ignoranza o quantomeno antichità.

So di frequentare un liceo in cui studiano ragazzi maturi e nel quale i docenti sono per la maggior parte attenti alle problematiche attuali, ed anche che i giovani d’oggi, fortunatamente, hanno tendenzialmente superato convinzioni sorpassate come quelle in merito alle quali sto scrivendo. Purtroppo, però, l’aver udito una persona proprio della mia età esporre un concetto come quello scritto sopra, ed il solo fatto che molti miei amici mi abbiano chiesto, dopo avermi sentito accusare tutti coloro che discriminano l’omosessualità, se per caso io fossi a mia volta omosessuale, visto che ci tenevo tanto, sono cose che, nonostante la mia stoltezza, mi hanno fatto riflettere e decidere di trasformare questi miei pensieri prima in un’e-mail, ed ora in una “lettera” al Flogisto.

Un solo appunto conclusivo, dunque, a tutti coloro che ancora hanno dentro il gene dell’odio o della discriminazione nei confronti delle persone omosessuali: ricordatevi che l’omosessualità è una questione puramente psicologica, è stato ampiamente documentato, e che è “contro natura”, termine che fortunatamente sta passando di moda, non di più di quanto lo sia l’anoressia o, come già detto, un esaurimento nervoso. Se un cittadino di un paese democratico decide, essendo l’unico in grado di comprendere con esattezza il suo stato interiore, di convivere con questa situazione, dal momento che essa non arreca danni di alcun tipo né a lui nè agli altri e, in alcuni casi, di viverla appieno, trascorrendo talvolta una vita felice al fianco di un’altra persona, penso che nessuno di noi dovrebbe avere nulla da dire, che si tratti di elogi o di critiche.

E il solo fatto che io ora stia scrivendo non dico in difesa, ma sicuramente con rabbia nei confronti di ciò che, contrariamente alle mie speranze, vedo accadere quotidianamente intorno a me, è già forse una cosa sulla quale io per primo, lo ammetto, dovrò riflettere.

 

Con il solo invito, dunque, a pensarci su…

 

 

 

 

 

Sull’annosa questione della laicità

 

a cura della Redazione de Il Flogisto

 

Scrive Claudio Magris sul Corriere ricordando il filosofo Norberto Bobbio, morto quasi tre mesi fa: “Bobbio ha insegnato che laicità non è un credo filosofico specifico, ma la capacità di distinguere le sfere delle diverse competenze, ciò che spetta alla Chiesa da ciò che spetta allo Stato, ciò che appartiene alla morale da ciò che deve essere regolato dal diritto, ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è oggetto di fede, a prescindere dall’adesione o meno a tale fede”

 

Scrive Anacleto Verrecchia nell’introduzione a “O si pensa o si crede, scritti sulla religione di Arthur Schopenhauer: “La religione, nel migliore dei casi sta alla filosofia come una gamba di legno sta a una gamba vera; ma poiché di regola la gente è intellettualmente Zoppa, per non dire sciancata, la gamba di legno prende il posto di quella vera. E fin qui non ci sarebbe niente di male, dato che ognuno cammina come puo’. In mancanza di cavalli, dice il proverbio, si corre con gli asini. Se però la gamba di legno pretende di essere essa la gamba vera e chi la usa minaccia di azZoppare anche quelli che Zoppi non sono, allora bisogna reagire energicamente e senza masticare le parole” (e chi vuole intendere, intenda…!)

 

 

 

 

A grandi sforzi, grandi risultati

 

di Andrea Lisa

 

Ho bisogno di un consiglio, così mi rivolgo ad un amico.

La situazione è ingarbugliata, piena di interrogativi ed incertezza; non so proprio cosa fare, come comportarmi. Lui mi dice:"A grandi sforzi, grandi risultati". La frase mi è rimasta dentro, ci ho ripensato spesso, l'ho fatta mia.

Spesso capita di avere un'intuizione che però non si ha il coraggio di attuare perché costa troppa fatica e impegno. Quel momento di prima incertezza è seguito da una folla di dubbi e ripensamenti che con il loro frastuono mi distolgono dal primo istinto. Mi rendo conto che queste incertezze non sono causate dalla paura di aver commesso un errore, ma dal desiderio di sottrarsi allo sforzo che questa azione necessita. Bisogna guardare il problema in faccia, senza aspettare che si risolva da solo, non lasciando spazio ai dubbi che inducono all' immobilismo.

È proprio quello stato che si deve evitare perché in quella condizione si smette di essere attivi per diventare passivi. La sofferenza non va intesa come dolore fisico o ansia esistenziale, ma come lo stato di ricerca ed elaborazione di una nuova condizione in cui sentirsi soddisfatti.

Mi viene in mente un viaggiatore che percorre una strada dritta ma comincia a sentire il peso di quel viaggio e avrebbe bisogno di qualcos'altro che lo renda nuovamente coinvolgente, subito una svolta davanti a lui, ma chi sa perché quella scelta nella sua mente diviene estremamente faticosa nella realtà. Le scelte ci sono e qualcuno le deve fare. Cambiare fa sempre paura perché non abbiamo il controllo del futuro, non sappiamo cosa ci attende, eppure quell'intuizione...

Sentire la sofferenza significa vivere, significa un cuore che percepisce il valore delle cose e più impegno costa una scelta, maggiore il benessere che ne deriverà quando ci godremo il risultato raggiunto con così grandi sforzi.

 

 

 

La minuta poetessa - Tracy Chapman

 

di Daria (I H)

 

Esponente degna di nota della musica impegnata, Tracy Chapman, la ‘minuta poetessa’, ha cominciato nel lontano ’88 (nonostante da noi imperasse il pop più orecchiabile lei ha conquistato il pubblico con una semplice chitarra e una voce struggente) conquattro accordi e una voce triste’ e sono gli stessi con cui prosegue oggi il suo racconto. Le sue ballate non giudicano secondo schemi precisi ma raccontano il mondo e ne osservano anche ciò che non va,con una punta di amarezza. Dai testi emerge un’implacabile voglia di vivere e una grinta eccezionale,da cui traspare un velo di insoddisfazione. Nonostante ciò che racconta siano per lo più torti subiti o atteggiamenti negativi della società nei confronti della black people, Tracy non si abbandona in commiserazioni patetiche per vendere,ma si limita ad annotare e ad esprimere con estrema semplicità tutto il suo dolore e rammarico. Il suo repertorio contiene canzoni introverse e impegnate che toccano sia l’universo amoroso che quello politico,agli inizi prevalente. Stilisticamente compie un percorso graduale che inizia con una semplicità commovente, espressa dalla sola chitarra (spesso giungendo alla sottrazione degli strumenti per arrivare al cuore della malinconica narrazione)

e una voce struggente, passando ad arrangiamenti più sofisticati e musiche tra lo spiritual-rock e le canzoni di strada,con testi più intimi. Le prese di posizione poi si fanno più forti, i testi più personali e lo stile si perfeziona:la chitarra è accompagnata da altri strumenti (anche percussioni), le canzoni sono più accese e sono presenti svariati virtuosismi ritmici, sempre restando fedele alla regola della semplicità che è poi la sua vera essenza. Con l’ultimo album arriva all’apice dell’equilibrio stilistico, le canzoni sono commoventi e originali pur nella continuità dei temi. Ogni singolo brano porta chiusa in sé un’esperienza di vita e un calore che Tracy sprigiona con uno spirito che all’occorrenza sa essere delicato ma forte, segnato ma non piegato, vivo. L’umanità, la sensibilità e la verità dei sentimenti di Tracy emergono in modo prepotente durante i concerti, nei quali la scenografia è semplicistica e le sue emozioni percuotono il pubblico. Esperienza indimenticabile. Per chi fosse interessato a conoscere questa grande artista suggerisco come primo approccio “Telling stories” (il quinto album), per i palati più sofisticati invece suggerirei l’ultimo “Let it rain”.

 

 

 

 

The Cure

 

di Giulia Tini

La sagoma di un uomo vestito di nero con la camicia larga e i pantaloni a tubo, con gli occhiali da sole, il rossetto color fuoco sbavato sulle labbra e con i capelli somiglianti a una chioma d’albero, cotonatissimi e neri… mio padre esclama guardandomi: ”Quello è il cantante dei Cure!”

Ecco come ho conosciuto uno dei maggiori gruppi che negli anni Ottanta ha contribuito alla nascita e allo sviluppo della “new wave” e della musica “dark” e al quale ancora oggi alcune band si ispirano.

I Cure si sono formati sulle ceneri del punk, il loro stile era un misto tra punk melodico e atmosfere cupe accentuate poi dai testi a volte irreali o angoscianti di Robert Smith, il cantante.

Gli incontri più significativi per quanto lo sviluppo sonoro della band sono stati principalmente due: il primo di minor importanza, con un gruppo locale, i Wire e il secondo è stato quello che li ha condizionati maggiormente, ovvero l’incontro con i Siouxsie and the banshees, gruppo che prima militava nel punk, intraprendendo poi la strada delle sperimentazioni e del dark.

 

I Cure finalmente acquisiscono, dopo quei due incontri, un suono proprio e originale che negli anni a venire si evolverà. Smith e compagni pubblicano Seventeen Second  uno degli album più importanti della loro carriera perché è la dimostrazione della loro iniziale crescita; seguiranno Pornographies e Faith che insieme al primo verranno considerati “la trilogia dark “ della band.

I Cure sono un gruppo da stimare e da apprezzare perché per circa trent’anni non si sono mai fossilizzati su un genere musicale e nel contempo sono riusciti a mantenere una propria identità e coerenza che li contraddistingue e li fa essere originali senza però deludere i vecchi fans. La loro musica influenza e ispira alcuni gruppi, basti pensare ai Blink 182 che con la pubblicazione del loro ultimo album sono stati sorprendenti, i riferimenti ai Cure sono presenti sia nelle melodie che nei video come “I miss you” che prende spunto da ”Lullaby “, famosa canzone ninna nanna. I Blink non sono gli unici, ma anche nomi come Smashing Pumpkins e Depeche Mode sono altre band che sono state influenzate dai suoni magici della dark band per eccellenza. Il Greates Hits rappresenta un buon inizio per chi volesse ascoltare i Cure: infatti si alternano canzoni come  la ritmata Boys don’t cry, l’oscura A Forest per arrivare a “Friday I’m in love “ che nasconde venature di tristezza, per concludere con la recentissima “Cut Here”, che affronta il tema della perdita di un amico.

 

 

 

 

 

Zatoichi: qualche pillola sul cinema giapponese

 

di Daria (I H)

Finalmente il tanto cogitato “articolo” sul cinema giapponese, che ho pensato di scrivere in seguito alla bocciatura della mia geniale proposta di inserire nel cineforum un filone proprio riguardo questo sconosciuto cinematografia.

In realtà vi propongo la recensione dell’ultimo film di Kitano: Zatoichi.

La trama può sembrare banale: Zatoichi è un vagabondo cieco che vive giocando d’azzardo e facendo il massaggiatore, ma dietro quest’umile facciata si cela un esperto ‘maestro’ di spada. Capitato a causa del suo peregrinare in un paesino di montagna tenuto in scacco dalla feroce famiglia dei Ginzo, si ritroverà a dover fronteggiare la terribile famiglia fiancheggiato da due geishe, un ronin, due buffoni e una serie di altri personaggi assurdi.

In un susseguirsi di colpi di scena, di battute o situazioni alla Tarantino tanto infelici e semplici quanto esilaranti, e di mordace ironia, ci godiamo un ritorno alle origini di “beat” Kitano.

Infatti, nonostante gli innumerevoli pregiudizi che possono far pensare a Kitano come il regista tragico per eccellenza, ermetico e onirico, il nichilista dallo stile impassibile,

con quest’ultimo film viene riportato alla luce il suo vero e primo amore: la commedia (al ’72 infatti risale il suo debutto nel mondo dello ‘spettacolo’ quando, insieme ad un altro comico dal nome impronunciabile,

formò un manzai, un duo comico, “the two beats”, dal quale poi deriva il suo nome d’arte nel cinema, ovvero Beat Kitano). Kitano è dunque anche comico surreale, con quel suo modo di narrare imprevedibile e folgorante che mette in luce allo stesso tempo anche la sua stupefacente semplicità.

Inoltre Zatoichi,film assolutamente senza pretese, può essere chiara espressione della situazione socio-culturale del Giappone nel XIX secolo, anche se parodistica ed estremizzata.

Personalmente sono patita dei film cosiddetti stracciapalle e pur sapendo che sono in netta minoranza consiglio a tutti qualcuno dei film di Kitano (che tra i giapponesi è il più leggero...) come Dolls che ammetto essere un po’ pesante, ma con i suoi personaggi inermi e ostinati, teneri ed eroici, trasmette tutta l’ amara dolcezza della vita e presenta più chiaro che mai l’ineluttabilità del destino che infierisce impassibile; o, se preferite qualcosa di più leggero, L’estate di Kikujiro.

L’intento di questa sparuta  introduzione a Kitano è quello di avvicinare il più possibile chi di voi abbia un minimo interesse per il cinema per far conoscere una produzione che resta spesso in secondo piano rispetto alle commedie-fuffa americane e quant’altro. Se inoltre qualcuno di voi fosse interessato… potete aiutarmi a convincere chi di dovere a inserire almeno un film di questo grandioso regista nel beneamato cineforum.

 

 

 

UN RACCONTO

 

di Micol Silberberg

 

Il vagone della metropolitana si fermò davanti a lui, la porta si aprì, aspettò che la gente scendesse per salire e cercare con lo sguardo un posto libero: troppo tardi. Non importava, sarebbe stato in piedi, alla fine erano solo quattro fermate. Arrivato a destinazione, salì le scale e ad accoglierlo c'era una fitta pioggia che rendeva la città più grigia e triste di quanto non fosse già. Tornando a casa, si specchiava nelle vetrine dei negozi, vedendosi brutto e imbronciato, e allora sorrideva spettinandosi i capelli, per sembrare più carino, e la gente lo guardava strano. «Capita» pensò. Finalmente al portone, nessuno rispose al citofono, questo voleva dire che la casa era rimasta in disordine come quella mattina. Posato lo zaino, mise l'acqua sul fornello. Pasta per l'ennesima volta. Del resto era la cosa più facile e veloce da fare. Suo padre chiamò, disse che arrivava intorno alle otto, la madre - lo sapeva già - sarebbe tornata verso le cinque. Era il suo primo anno di liceo, liceo scientifico. Per l'indomani aveva tantissimi compiti, e nessuna voglia di cominciare. La mattinata era stata massacrante: sei ore, di cui tre della prof. di matematica che lo aveva spremuto per bene: ovviamente aveva le sue stupidissime preferenze e lui non era fra gli eletti. Ad Andrea venne in mente quando quel suo compagno era venuto a casa e insieme avevano cominciato a studiare subito dopo pranzo, finendo la marea di compiti per il giorno dopo alle quattro di pomeriggio, mentre lui quando era da solo mangiava davanti alla televisione rimanendoci attaccato per ore pur di non aprire i libri.

Spesso aveva provato a iniziare i compiti dopo pranzo, ma era caduto in un sonno profondo, interrotto improvvisamente dal suono sordo del citofono. Mentre sceglieva la pasta da cuocere pensava che come al solito avrebbe perso tutto il pomeriggio dietro ai compiti, senza riuscire ad andare a skateare, cosa che non faceva ormai da più di una settimana, e senza vedere la sua ragazza che gli mancava da morire. Si vedevano pochissimo da quando non andavano più a scuola insieme. Lei ora frequentava il classico. Era seduto sul divano, i Simpsons erano finiti, impotente ad alzarsi, indeciso.

Quell'anno era tutto diverso, la classe, la scuola distante, i professori. Tutti i suoi compagni abitavano piuttosto lontano da scuola, tranne qualcuno che era davvero vicino e se la faceva a piedi. All'inizio aveva conosciuto un sacco di gente nuova ed era tutto contento, ma diventava difficile vedersi per stare insieme. Studiare sempre da solo era una depressione e il telefono non squillava più di frequente come prima per lui. Continuava a vedere i vecchi amici, ma non era più la stessa cosa, adesso che erano in classi diverse. Quell'ultimo periodo era una tristezza. Fuori dalla finestra le auto scorrevano silenziose sotto la pioggia battente, le lunghe ore del pomeriggio minacciavano di susseguirsi svogliate, e nessuno con cui condividerle. L'estate sarebbe arrivata, bastava crederci: era ancora troppo lontana. Seduto sul divano, immobile, Andrea rifletteva. Il citofono suonò. Imprecando contro il fratello che dimenticava sempre le chiavi andò a rispondere. Un momento. Non poteva essere lui, quel giorno tornava tardi...

 

 

 

DALLA REPUBBLICA DOMINICANA

 

dalla nostra corrispondente Irene Panarello

 

Sta piovendo, un pioggia leggera. Le palme della carretera per Villa Altagracia brilleranno di un verde ancora più affascinante.

Se non fosse per i Modena e per tutti i ricordi che portano le loro canzoni, l’Italia mi sembrerebbe un posto lontano, sfocato, però al tempo stesso presente in me con una certa prepotenza.

Gli occhi sono un po’ stanchi, però questo è il momento di scrivere, di raccontare, di parlarvi di questo sorprendente paese.

Se vi aspettate notizie da depliants turistici, rimarrete delusi, perché non vi parlerò della Repubblica Dominicana che si vende ai “gringos”, ma di quella che ho visto attraverso i miei occhi e che ho sentito sulla mia pelle.

Sono ormai sette mesi che sto vivendo in una famiglia a Santo Domingo, la capitale di questa repubblica caribeña, con un programma di intercambio culturale.

La disposizione che prima condizione per leggere quello che vi racconterò è capire che questo paese non ha molto a che vedere con quello che l’immaginario collettivo lega al suo nome; spiagge, sole, dolce far niente.

È un paese con tante problematiche e grandi bellezze.

Non mi dimenticherò mai del 22 di agosto del 2003. Le palme e il mare costeggiano la strada che dall’aeroporto arriva alla città e lasciano ancora la possibilità di pensare che si è arrivati nel paese dei cataloghi di viaggio. Già dopo qualche minuto, ti accorgi che ci deve essere qualcos’altro. I colori della gente, le loro espressioni, le case, le strade, cominciano a lasciar intravedere un panorama conflittuale, delineando il profilo di una città e di un paese assolutamente irregolari.

La gente è eccezionale: qui si trovano gli incroci di razze più strane, che vanno dai bianchi, ai neri, passando per un infinità di sfumature e di intensità. Nonostante ciò la gente è abbastanza razzista; oltre che con i malgraditi vicini haitiani, che costituiscono la comunità di immigrati più grande del paese (circa un milione), molta gente è razzista con quelli che sono leggermente più scuri di lei. Le donne si lisciano sempre i capelli, rinnegando i loro riccioli neri.

Senza dubbio il calore umano che sa trasmettere questa gente è incredibile, forte e contagioso. La natura, con i suoi sgargianti colori e le sue maestose creazioni, trasmette uno spirito positivo e intenso, il cui riflesso brilla anche negli occhi dei bambini che lucidano le scarpe per la strada e in quelli dei campesinos affamati.

Perché non ci si può scordare che questo è un paese del terzo mondo, o meglio in via di sviluppo.

 

Sono tanti i poveri, più della metà della popolazione,  e si concentrano nelle zone rurali e nelle periferie delle città, dove spesso perdono l’incanto e la speranza che li aveva attirati.

La situazione politica non è facile.

Una crisi economica di notevoli proporzioni sta attanagliando il paese da prima di natale. Per darvi un’idea, quando sono arrivata 1 euro valeva circa 33 pesos e adesso ne vale circa 60. La crisi colpisce tutti. In primo luogo iniziano gli “apagones”, ossia i black out. La luce viene deliberatamente tolta, visto che la produzione di energia non copre il fabbisogno della popolazione, lasciandoti di repente al buio, senza frigo, spesso anche senza acqua, senza sapere quando ritornerà. La cosa buona è che non ero mai stata così felice di farmi una doccia con acqua corrente dopo una settimana in cui mi ero dovuta lavare usando un secchio.

Si impara così ad apprezzare tante piccole cose, che noi “sviluppati” diamo per scontate. Poi aumentano i prezzi delle cose da mangiare e di tutto il resto, tanto che ci si vede obbligati addirittura a dover comprare carta igienica scadente, perché quella che si usava prima costa troppo.

La corruzione dilaga nel panorama politico. Tutto si può comprare impunemente. All’orizzonte si prospetta una situazione desolante se non si produrrà un cambio di rotta. I partiti hanno perso qualsiasi briciola di credibilità.

Probabilmente per tutti questi motivi per essere tristi, i dominicani sanno bene come divertirsi.

Nei fine settimana non può mai mancare in casa una  “cerveza bien fria”, un po’ merengue, bachata o salsa, gente che parla a voce alta e balla. In questi momenti traspare anche un fascino particolare, che questa gente porta nel sangue. Un orgoglio e una forza d’animo incredibili, una dignità che ti fa sentire piccolo e un ottimismo incredibile.

E non è solo un impressione.

Anche se molti l’hanno persa o la stanno perdendo, la maggior parte dei dominicani porta in se una luce unica, carica dei secoli di storia, delle tradizioni pittoresche, delle dominazioni, le lotte e la magia di questa terra. Ed è proprio questa luce che mi fa sperare in un futuro migliore per questo paese, se tutti i suoi abitanti uniranno le loro forze.

E con tutto il cuore spero che questo momento arrivi presto, molto presto. Lo spero per gli sguardi dei bambini, per la bellezza di questa terra, per i miei compagni d classe, per le mie due sorelle e per questo “pueblo”, perché possa risplendere con tutto il suo orgoglio, libero da ogni tipo di schiavitù e vivendo in una vera democrazia, tanto politica come economica.

 

 

 

 

 

 

 

Vittorio Zucconi, George: vita e miracoli di un uomo fortunato, Ed. Feltrinelli, € 12,00

 

recensione di Federico Longobardi

 

Quello che esce dalla penna di Vittorio Zucconi, corrispondente dagli States per “La Repubblica”, è un ritratto fedele ed ironico: ogni aspetto della personalità e della vita del presidente americano è ben documentato da testimonianze o, più spesso, dalle sue stesse parole; i commenti riescono ad essere incisivi, talvolta caustici, ma privi di quella spocchia di tanti osservatori europei, pieni di senso di superiorità di fronte alla cultura americana; le analisi sono profonde, ma evitano quella dietrologia eccessiva che spesso cade nella farsa, nella fantapolitica o finisce per manifestare un spirito di preconcetto antiamericanismo.

Al contrario, Zucconi ama gli USA, dove lavora ormai da decenni: è grazie a questa lunga esperienza che riesce ad osservare il mondo in cui ormai è di casa con lo sguardo duplice del cittadino e dello straniero. È proprio in questa fusione di punti di vista che si manifesta tutta l’originalità del libro: un ritratto dell’uomo più potente del mondo osservato con spirito critico, ma attraverso le lenti della cultura americana. L’attenzione di Zucconi, infatti, sembra sempre tesa a far comprendere al lettore la differenza (che non è sinonimo di inferiorità) fra i meccanismi percettivi degli americani e degli europei. Così scopriamo che quella che a noi sembra idiozia, agli occhi dell’elettorato americano è capacità di conservare uno spirito fanciullesco, goliardico, un comportamento genuinamente statunitense: organizzare barbecue agli ospiti internazionali accolti nel suo ranch texano non è di cattivo gusto, ma è quello che tante famiglie farebbero al suo posto.

 

Se, alla sua veneranda età, Bush continua a mangiare quell’indigesto pane con burro di arachidi e marmellata jelly che tante zelanti moms rifilano ai propri pargoli indifesi, questo vuol dire che è un buon americano. Se confonde la Slovenia con la Slovacchia, non c’è niente di strano: molti concittadini ignorano la posizione, anche approssimativa, di una città simbolo come New York. Questioni veniali, di fronte ai disastri della politica estera: non c’è dubbio, ma anche qui bisogna cogliere il gap culturale, per capire davvero come uno stratega di bassissima lega come Bush possa godere di stima nel suo paese. È semplice: l’americano medio vuole agire, vuole scegliere; di fronte all’alternativa fra una minuziosa analisi geopolitica di un docente di Harvard e una decisione preferisce la decisione. C’è un rifiuto annoiato della politica seria, incarnata da quell’Al Gore che pure vinse, numericamente, le elezioni del 2000: di fronte alla minaccia del terrorismo, ciò che importa è agire: se poi si tratti di azioni legali ed utili, poco importa; l’importante, è non rimanere fermi a guardare, col rischio di rimproverarsi poi di non aver fatto qualcosa in difesa del proprio paese. La dottrina della guerra preventiva, tanto cara ai neocons, è presente in germe nella cultura statunitense: è per questo che sembra godere di salute tanto buona.

Degno complemento a questo libro dai contenuti di estremo interesse è lo stile, brioso e leggero, come sempre. Così si esce incolumi anche dalle dissertazioni più lunghe e dai racconti più intricati: un aspetto non essenziale, ma che conferma le eccezionali doti di narratore che Zucconi dimostra in ogni suo articolo, sempre lucido e scorrevole.

 

 

 

LE RANE CENSURATE

di Giulia Lombezzi

"Le rane" è la commedia di Aristofane che chiude la trilogia ronconiana dedicata ai classici greci, cominciata l'anno scorso con il "Prometeo incatenato" di Eschilo seguito quest'anno dalle "Baccanti" di Euripide. Il protagonista della commedia è Dioniso da vecchio (Massimo Popolizio), che compie un viaggio nell'Ade per riportare sulla terra il poeta Euripide, che in effetti era morto da poco quando Aristofane propose la sua commedia per la prima volta. Dioniso sente che la poesia è morta con lui, e, sprezzante nei confronti d'ogni altro poeta, decide di ritrovarlo. Vediamo il regno degli inferi nascere sul palco silenzioso e tetro, costituito da automobili nere che si muovono inquietanti, accendendo e spegnendo i minacciosi fari. La scenografia è realizzata quasi solo così. All'interno di essa imperversa un Dioniso grasso, pavido e abbastanza volgare, nulla a che vedere con il dio fiero e seducente delle Baccanti; eppure proprio questo grottesco personaggio è a mio parere il più commovente, per la scelta che motiva il suo viaggio e anche per la scelta che opererà alla fine della storia. Dopo divertenti vicissitudini commentate dai continui battibecchi col suo servitore Xantia (Francesco Colella), Dioniso giunge al punto cruciale della vicenda: arbitrerà una gara di poesia fra Euripide ed Eschilo,interpretati con calore e vivacità da Riccardo Bini e Giovanni Crippa,

 

e il migliore potrà tornare sulla terra e risvegliare una società impigrita con la propria letteratura. Il momento della gara è uno dei più intensi della commedia e vengono fuori nettamente le differenti nature dei due scrittori:Euripide è un politico, Eschilo è un sapiente. Dioniso rimane indeciso fino all'ultimo, sembra affascinato dalle parole abili e fluenti di Euripide, ma toccato da quelle profonde del riservato Eschilo. La frase che determina la sua decisione viene pronunciata da Eschilo, riguardo alla condizione più triste che possa esserci per dei cittadini:"Quando considerino come propria la terra nemica,e la propria come nemica". Credo che la scelta di Eschilo dia un senso più profondo a quella che altrimenti sarebbe stata solo una commedia. Il saluto di Plutone è pieno di speranza: "buon viaggio, dunque Eschilo: salva la patria nostra con buoni consigli e ammaestra gli stolti".

Nel corso dell'opera vengono fatte più volte allusioni di carattere politico e tutte, purtroppo, molto attuali, perché la perdita della democrazia e l'involgarimento della cultura non sono, a mio avviso, problemi da limitare all'epoca di Aristofane. Tanto che nella prima rappresentazione delle rane, tenutasi l'anno scorso a Siracusa, la scenografia aveva un elemento in più: tre grandi fotografie di Berlusconi Fini e Bossi troneggiavano sul fondale del palcoscenico. Il regista è stato costretto a toglierle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il crepuscolo del latino

Un dibattito non solo italiano

 

Die Lateindämmerung, di Hannes Hintermeier - Frankfurter Allgemeine Zeitung, 20 marzo 2004

 

trad. Federico Longobardi

 

Nell’ultimo periodo, almeno sulla carta, le notizie sulle sorti del latino non erano poi così cattive. Da qualche tempo la curva degli studenti che tornano a studiare il latino tende timidamente verso l’alto; c’è - anche nei nuovi Länder che fino ad ora costituivano una zona off limits per il latino - la percezione che non sia poi tanto assurdo dedicarsi a questa lingua. Qua e là sbocciano tenere pianticelle, e recentemente anche il Vaticano e le accademie scientifiche, attraverso l’iniziativa Ad fontes, si preoccupano della tutela della più importante lingua scientifica. Ma chi è ad aver realmente bisogno del latino? Mentre i suoi propugnatori sognano di elevarlo nuovamente alla dignità di materia obbligatoria nei Gymnasium (i licei classici tedeschi - N.d.T.), gli oppositori scuotono la testa. Tutte le argomentazioni si trovano non di rado contrapposte, in una sorta di guerra di posizione.

Taluni presumono che questa lingua sia morta: in realtà si trova ancora in uno stato di morte apparente, anche se il pericolo la insidia su più lati. Molti genitori non riescono a capacitarsi del fatto che, nell’era di Internet, la filia o il filius si debba cimentare con il De bello gallico di Cesare. Per giunta la fama di questa materia non è troppo buona, soprattutto fra quei genitori che non l’hanno appresa a scuola. Il latino è considerato difficile, impegnativo e… aumenta il rischio di bocciature. La possibilità di usarlo nella professione viene quasi del tutto esclusa. Mossi da spirito utilitaristico, comitati di genitori ambiziosi ed esponenti della religione di Wall Street pretendono che il Gymnasium offra un profilo adeguato alle nuove esigenze: la scuola dovrebbe assomigliare ad una impresa economica, capace di catapultare i futuri adulti nella carriera universitaria e professionale, senza troppi fronzoli umanistici.

Allo stesso tempo associazioni di genitori scatenano un putiferio contro i carichi di lavoro eccessivi imposti ai bambini. Come una vera e propria lobby auspicano che l’impegno si rivolga a materie “sfruttabili” come l’informatica e le scienze. Ai Gymnasium si dà un gran peso per il raggiungimento di questo obiettivo; il praticantato e gli stages preparerebbero alla vita reale. La fiducia in una formazione al passo coi tempi e migliore culmina nelle parole d’ordine della politica e del management come risultato e competenza metodologica, con cui in molti casi si intende anche la liberazione da una conoscenza troppo approfondita.

Friedrich Nietzsche, filologo dell’antichità con interessi per tutto ciò che riguarda l’uomo, nel 1872 scriveva, nelle sue Conferenze sul futuro delle nostre scuole, che chi pone la formazione alla scienza come obiettivo del Gymnasium sacrifica il vero obiettivo formativo del Gymnasium: infatti «l’uomo di scienza e l’uomo colto appartengono a due sfere diverse, che di tanto in tanto possono toccarsi in un individuo, ma non arrivano mai a coincidere». Qui entra in gioco la burocrazia degli enti preposti all’istruzione.

Così il ministero bavarese per la scuola e l’istruzione - sotto la giurisdizione del quale leggenda vuole che si svolga più della metà delle ore di latino tenute in Germania - sostiene le lingue classiche con la tesi che il latino e il greco contribuirebbero alla formazione della personalità anche perché «gli studenti si confrontano con i temi essenziali e nodali della natura umana [das Menschsein]». Il latino sarebbe dunque la materia che meglio incarna il detto Non scholae, sed vitae discimus, abbracciando etica, religione, filosofia?

Un conto è riconoscere questo fatto, un altro metterlo in pratica. Così in Baviera una Commissione si è impegnata per anni a redigere un nuovo piano di studi, che è entrato in vigore all’inizio dell’anno scolastico 2003-2004. Una cosa che è durata tanto, ha la validità di un solo anno: fin da settembre il Gymnasium, che dura otto anni, diventa realtà - e con esso la riduzione di contenuti e del periodo di studio e formazione.

Un primo passo è stata la riduzione del vocabolario di base di latino, che è passato da circa 2000 a 1248 parole. Questo “Vocabolario di Bamberga” è stato redatto sulla base di una statistica lessicale, che calcola la frequenza di certi lemmi nelle letture classiche scolastiche. Non tutti i docenti condividono l’argomento del ministero: facilitare così la vita degli studenti - non quella reale. Gli insegnanti non sono convinti che uno studente, che prima padroneggiava due terzi del vocabolario, conoscerà in futuro tutte le parole della versione “snellita”: il grado dell’ignoranza verrebbe solamente ridotto ancora un po’.

La maggioranza dei professori di latino ha però accolto con favore il vocabolario snellito; i vocaboli dovrebbero essere imparati solamente se vengono usati realmente. Che, in questo modo, parole universalmente amate e usate nella vita reale come “fenestra”, “mundus” o “medicus” vengano buttate a mare, è una conseguenza bizzarra della riforma. L’antico sogno di portare tutti gli studenti a saper leggere i testi antichi è svanito da tempo. C’è un’intera legione di docenti universitari che si lamentano perché le matricole arrivano all’Alma Mater con nozioni di base carenti. Gli insegnanti del Gymnasium non contestano questo fatto, ma rimandano le responsabilità ai Ministeri, i quali non offrono un monte ore adeguato.

Questo stato di cose non migliorerà in alcun caso. Se in futuro nell’undicesima classe (il penultimo anno della scuola dell’obbligo tedesca - N.d.T.) si dovranno affrontare fino a quaranta ore settimanali, la pressione sul latino aumenterà ancora. E allora si possono già ipotizzare strategie per eliminarlo del tutto - si guadagnerebbero con una sola mossa enormi capacità organizzative e di personale. Non c’è bisogno di fare l’uccello del malaugurio: è già appollaiato sulla lavagna. Lo spirito dei tempi, che prende le distanze dai canoni classici, non conosce più il metodo per evocare quella “disperazione dell’ignoranza” (Nietzsche), con la quale dovrebbe essere comprensibile che il latino è tutt’altro che un sapere morto. Sulla strada del puro utilitarismo, le deviazioni produttive che il latino offre vengono sempre più ridotte a semplici rettilinei. Ne consegue la trasformazione in un’autostrada che  fornisce solo dati utili per la formazione. Si fa così piazza pulita dei meandri di ogni sorta. E allora, prima o poi,  i presunti morti saranno morti per davvero.

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INTERVISTA DOPPIA AI PROFF.

A cura di Rocco Polin

                                                            


Pietro DE LUCA

Guido PANSERI

Nome: Pietro

Cognome: De Luca

Età: 51

Sposato?

Figli? 3

Di dove sei? Cassano Ionico (Cosenza)

Digli una cosa che ti piace di lui. I capelli

E una cosa che non ti piace. Il narcisismo

Cosa voti? A sinistra

Il primo ministro ideale? Bertinotti

Un voto alla scuola italiana? 8

Un voto alla riforma Berlinguer? 6,5

Un voto alla riforma Moratti? 5 più

Un’idea semplice per migliorare la scuola italiana? Lasciarla così com’è

Un’idea semplice per migliorare il Berchet? Ognuno faccia il suo mestiere

Che squadra tifi? Milan

Mai stato bocciato? No

Voto di maturità? 50/60

Il tuo programma preferito? Blu Notte

Che giornale leggi? Manifesto e Repubblica

Un libro che consiglieresti a tutti? Stupide White Man

Un film che consiglieresti a tutti? L’attimo fuggente

Hai mai pagato per fare l’amore? No

Quante partner hai avuto? Si contano sulle dita di una mano

Studentesse? No

Hai mai avuto esperienze omosessuali? No, ma non si sa mai!

Mai fumato una canna? Si

Quando l’ultima? 20 anni fa

Mai provato altre droghe? No

Mai visto un film porno? No

Hai fatto il servizio militare? Si

Ti hanno mai fischiato? Altro che!

A che età il primo bacio? 13

A che età la prima volta? 19

In classe fai preferenze? No

Una legge che faresti subito? Abolizione dell’esercito

Un collega che stimi? Sono tanti

Uno che non ti sopporta? Sono tanti

Tre aggettivi per definire la gestione Diotti? Efficiente, problematica, positiva

E’ giusto che la scuola organizzi attività per i suoi studenti come concerti o balli di fine anno? Si

Come ti giudichi esteticamente? Normale

Il tuo eroe? Cincinnato

Paghi il canone RAI? Purtroppo si

La donna più bella del mondo. Debra Whinger

Quanto guadagni? 1'300 euro circa

Hai mai evaso le tasse? No

L’ultima cosa che hai imparato? Non ho ancora finito

Una domanda che vorresti fare all’altro. Ci fai o ci sei? Risponde Panseri: Ci sono facendo

Non temi che a furia di litigare gli insegnanti finiscano per diventare una sorta di teatrino per noi studenti? No

Per finire come da Marzullo: fatti una domanda e datti una risposta. Torneresti al Berchet (lo ha scelto lui, ndr)?

 

Nome: Guido

Cognome: Panseri

Età: 55

Sposato? Lo fui

Figli?

Di dove sei? Torre Bordone (Bergamo)

Digli una cosa che ti piace di lui. La statura (virtuale)

E una cosa che non ti piace. La statura (virtuale)

Cosa voti? Secondo la geometria politica del momento

Il primo ministro ideale? Non esiste

Un voto alla scuola italiana? 6

Un voto alla riforma Berlinguer? 5

Un voto alla riforma Moratti? 5

Un’idea semplice per migliorare la scuola italiana? Educazione alla parola libera

Un’idea semplice per migliorare il Berchet? Agire per il suo “tramonto”

Che squadra tifi? Albinoleffe

Mai stato bocciato? Non ricordo

Voto di maturità? Non ricordo

Il tuo programma preferito? Gli spot (aristotelici)

Che giornale leggi? Corriere e Repubblica

Un libro che consiglieresti a tutti. La Bibbia

Un film che consiglieresti a tutti. Arancia Meccanica

Hai mai pagato per fare l’amore? Tutto è dono

Quante partner hai avuto? Una, nessuna, centomila

Studentesse? Socrate imparò da Diotima…

Hai mai avuto esperienze omosessuali? Non sottovaluto Platone

Mai fumato una canna? L’uomo è una canna che pensa

Quando l’ultima? Coincidentia oppositorum

Mai provato altre droghe? Memento homo qui pulvis es

Mai visto un film porno? Spesso così si mostra la vita

Hai fatto il servizio militare? Certo

Ti hanno mai fischiato? Dove?

A che età il primo bacio? Fin dall’inizio

A che età la prima volta? Nell’istante eterno

Una legge che faresti subito? Leges multiplicanda non sunt praeter necessitatem

Un collega che stimi? L’altro da me

Uno che non ti sopporta? Quello che non mi intende

Tre aggettivi per definire la gestione Diotti? Narcisistica, ipertrofica, ammutolente

E’ giusto che la scuola organizzi attività per i suoi studenti come concerti o balli di fine anno? Se gli studenti lo desiderano non vedo il peccato

Come ti giudichi esteticamente? Al di là del bene e del male

Il tuo eroe? Don Chisciotte

Paghi il canone RAI? Certo

La donna più bella del mondo. Quella che ti viene incontro

Quanto guadagni? Non amo guadagnare

Hai mai evaso le tasse? Ho appena uno stipendio

L’ultima cosa che hai imparato? È anche la prima: l’amore tutto sopporta e tutto comprende

Una domanda che vorresti fare all’altro. Vorresti fare il dirigente?  Risponde De Luca: Lo farò.

Non temi che a furia di litigare gli insegnanti finiscano per diventare una sorta di teatrino per noi studenti? È quello che ho sempre pensato e contro cui ho agito

Per finire come da Marzullo: fatti una domanda e datti una risposta. La risposta è talora la maledizione della domanda, il mio chi sono è sempre aperto

 

 

 

 

 

 


L’ANGOLO DEL TEST

 

a cura di Haydee Longo (III E) e Melina Mignani (III E), e della Redazione de Il Flogisto

 

Ora vi proponiamo un breve test attitudinale. Siamo certi che sarete tutti abbastanza intelligenti e abbastanza ricchi di senso dell’umorismo per non offendervi… in caso contrario sappiate che tutti i riferimenti a cose o persone realmente esistite sono puramente casuali (anche quando facciamo nomi e cognomi)

 

1)       Il mio numero cellulare è:

a)       di dominio pubblico, c’è chi ha ucciso per averlo

b)       sul mio biglietto da visita insieme a e-mail, fax, numero di telefono e indirizzo

c)       349-123666…. Mi sa che lo cambio.

 

2)       Sabato sera:

a)       Barcollo ma non mollo

b)       Bello, c’è Gad Lerner in tv

c)       ???? non ho capito la domanda

 

3)       Versione di greco:

a)       Un motivo in più per farsi una canna

b)       Due piacevoli ore di svago culturale

c)       Speriamo sia dal Vangelo di Giovanni, tanto lo so a memoria…(non sarà mica peccato?)

 

4)       Casella di testo:  Test della patente, segnale 1:

 

 

 

a)       Un bel paio di bbocce.

b)       Strada deformata, presegnala un tratto di strada o di carreggiata in cattivo stato (deformata o dissestata) o con pavimentazione irregolare.

c)       E un segnale di pericolo, quindi è peccato

 

5)       Lei è:

a)       ‘na bella bbroegna

b)       bravissimo a leggere in metrica

c)       una creatura di Dio

 

6)       Le vacanze:

a)       Sesso, droga e rock n’roll

b)       Tour i migliori atenei americani

c)       San Remo, Saint Moriz e Santo Domingo

 

7)       La mia seconda casa è:

a)       ‘stalla

b)       Aula Vignola

c)       San Francesco di Sales

 

8)       Il tuo idolo è:

a)       Badini

b)       Badini

c)       Badini

 

 

9)       Posizione politica:

a)       69

b)       Io sono per il doppio turno con premio di maggioranza, semipresidenzia-lismo alla francese, Mattarellum e scorporo al 5%

c)       Papa boy

 

10)   Autore latino preferito:

a)       Asterix

b)       Cicerone, per la prosa scorrevole e le gustose figure di costrutto, con cui arricchisce l’inconfondibile ipotassi.

c)       Forse S.Agostino, comunque basta sia fuori dall’ index librorum proibitourm

 

11)    Primo appuntamento:

a)       A casa mia sperando che…

b)       Seminario interculturale, mostra o conferenza.

c)       Mai con la donna d’altri.

 

12)    Parola latina preferita:

a)       Fellatio

b)       Eruditio

c)       Divinatio

 

13)    Lei ti guarda con sguardo languido:

a)       La sfondo!!!!

b)       Ritiene auspicabile approfondire la di noi conoscenza, signorina?

c)       Non so, ho forse qualcosa nell’occhio?

 

 

PROFILO A: Complimenti! Sei un tipo intraprendente, attivo, sempre disposto a socializzare. I tuoi amici possono sempre contare sulla sincerità della tua amicizia (finché non si fidanzano con una tipa carina) le tue amiche un po’ meno. Sei sempre al centro dell’attenzione (… ci hai anche un po’ rotto il cazzo) e hai fatto tuo il ruolo di “piazzato” della scuola. Un consiglio continua a usare il preservativo (..soprattutto con la tipa del tuo migliore amico..)!

 

PROFILO B: Se hai la maggioranza di B potresti essere un ragazzo stimolante, interessante e pieno di interessi; se invece hai totalizzato solo risposte B… beh in quel caso ti abbiamo sgamato: sei Federico Longobardi!

 

PROFILO C:  Più che profilo C si potrebbe parlare di profilo CL. Un bravo ragazzo, pieno di interessi (anche se spesso diversi da quelli del profilo B) con una visione del mondo ben precisa, spesso un po’ fanatica ma a volte anche coraggiosa e controcorrente (almeno in una scuola come la nostra dominata da profili A). Vai in pace, ego te absolvo!