“FLOGISTO” |
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A
CURA DEI RAGAZZI DEL COLLETTIVO |
NOVEMBRE
2003 N°0 |
POLITICA/
ESTERI |
QUI SCUOLA |
CULTURA |
CHE FARE? |
*Elephant. *Muse. |
Editoriale Dopo Quest'anno ci siamo posti tre obbiettivi: Questo giornale deve servire a creare un
dibattito all'interno della nostra scuola sui temi che verranno via via
proposti. Dall'Iraq all'Europa, dal Berlusca alla Moratti, dal cinema alla
musica, dal campionato a Jennifer Lopez. Questo giornale deve servire a
creare il famoso "altro Berchet" di cui si parla tanto. Siamo 1200,
troppi per conoscerci tutti. Sarebbe bello che questo giornale servisse a
renderci un po' più uniti, a farci vedere la scuola come una comunità di studenti
e non come un luogo di tortura. Infine non possiamo nascondere che il
Flogisto nasce come organo del Collettivo.
Quando diciamo che questo giornale è l'organo del collettivo
però non intendiamo dire che
censureremo opinioni diverse o faremo un giornalino solo di politica, sarebbe
contraddittorio con gli altri due obbiettivi che ci siamo posti. Il Flogisto
vuole essere il giornale degli studenti, non il giornale del Collettivo.. |
Speriamo di ricevere
da parte vostra articoli, opinioni, critiche e commenti che ci aiutino a rendere questo giornale il più vostro possibile.
Considerate questo primo numero come
un esperimento, una bozza da sviluppare con il vostro aiuto. Volete un angolo
per la posta del cuore? Un numero speciale sulla Costituzione Europea? Più
musica? Un articolo sul cinema giapponese? Una rubrica di pettegolezzi? Scrivetecelo o, meglio ancora, scrivete voi
ciò che vi piacerebbe leggere e noi provvederemo a pubblicarlo. Come faremo a decidere cosa pubblicare? Ci
piacerebbe pubblicare tutto. Ovviamente devono essere articoli comprensibili,
possibilmente non troppo lunghi e rispettosi delle opinioni
altrui ma per il resto crediamo che si debba dare a tutti
la possibilità di esprimersi a prescindere dalle opinioni e persino
dalle capacità giornalistiche. Per farci pervenire articoli, lettere,
suggerimenti critiche e qualsiasi altra cosa vi sembri interessante spediteli
all'indirizzo "flogisto@liceoberchet.it" (grazie prof. Gherlone!)
|
La televisione riversa
quotidianamente nelle nostre case telegiornali traboccanti notizie circa gli
sviluppi della guerra in Iraq. Solitamente cattive notizie, quando non
pessime. Non passa settimana senza che militari americani perdano la vita, e non
sempre per colpa altrui, o senza che un |
Questo non significa che qualcuno si
meriti la morte e qualcun altro no, significa solo che uno dei due fenomeni è
accomunabile con il dilagante terrorismo internazionale, l'altro è il
risultato di una guerra, è il prodotto più naturale della guerra stessa:
un'altra guerra, di reazione, sotterranea, che non guarda in faccia quando
colpisce. Tutto questo cosa comporta? Che cosa
cambia? Cambia tutto. Cambia la valutazione su questa guerra, valutazione non
fine a se stessa ma di lezione per il futuro. Dovrebbe cambiare il modo in
cui viene considerato ciò che sta accadendo in Iraq,
non più l'operato di pochi terroristi, ma una lotta organizzata di una fascia
consistente del paese, che mal sopporta l'occupazione americana, e che non
necessariamente rimpiange Saddam. Cambia la valutazione degli esiti della
guerra in Iraq: tutto, è cambiato. Tommaso
Canetta |
In questo periodo si parla
tanto della costituzione di una nuova Europa fondata su valori di pace e
democrazia. Non bisogna però dimenticare che all'interno della stessa Europa
fino a pochi anni fa odio e violenza erano all'ordine del giorno. Dieci anni
fa, il 9 novembre 1993, un bombardamento serbo abbatteva il ponte di Mostar,
città bosniaca, che rimaneva in piedi dal 1566. Questo episodio segnava
l'apice di una guerra oggi dimenticata ma
estremamente recente, vicina, cruenta... Più che per il relativo valore
concreto del ponte, la cui caduta comprometteva solo in parte le
comunicazioni, l'episodio è importante per il grande valore simbolico. Sin
dalle sue origini, il Ponte Vecchio (questo il suo nome) aveva avuto
l'importante significato di tramite tra Oriente e Occidente, tra Europa e ricco levante meta ambita di carovanieri; ma
era anche il suggello al legame del popolo slavo, altrimenti diviso per
religione, cultura e tradizione. Come scrive Paolo Rumiz su " |
Questo anniversario però è importante
anche per riportarci alla mente la guerra nei Balcani, conclusasi nel '96 con
un trattato di pace ma niente affatto risoltasi. Fa inorridire il ricordo di
uomini che prima appartenevano alla stessa nazione, magari anche alla stessa
famiglia e poi si sterminavano in un modo così brutale e sanguinoso. Oggi
dall'altra parte dell'Adriatico com'è la situazione? Che risultati ha
ottenuto un decennio così terribile? Bene, nella ex-Jugoslavia si sono
realizzati in pieno tutti i difetti dell'avvento del capitalismo: domina la
corruzione e la distribuzione dei capitali ha creato un forte squilibrio. La
disoccupazione è ovunque e si ricorre a ogni mezzo, lecito o illecito, per
arricchirsi in modo smodato e squilibrato. Questo ha causato una forte
emigrazione verso il nostro paese, dove ora è facile incontrare persone che
raccontano bonariamente le loro tristi vicende non senza nostalgia per il
defunto regime socialista del maresciallo Tito. Con l'avvento del nuovo
secolo però questi paesi stanno lentamente incamminandosi verso
l'omologazione al modello occidentale e la situazione sta con estrema
difficoltà migliorando. A che prezzo però è stato pagato il passaggio al
capitalismo! Sono passate morte e distruzione, sono
rimaste mine e cumuli di macerie. Jacopo Gandin |
E’
sembrato doveroso anche a noi ricordare le vittime, italiane e non, dell’ attentato avvenuto a Nassiriya. Non abbiamo avuto il
tempo di scrivere un articolo riguardo l’accaduto ma
non vogliamo neanche dilungarci con esaltazioni patriottiche o con critiche
riguardo alla partecipazione italiana in Iraq; già troppo e sconsideratamente
si è parlato senza tener conto che a volte la riflessione ed il silenzio
valgono molto di più… |
Un premier in ginocchio che dà del
tu ai potenti della Terra Gli avvenimenti internazionali hanno l’effetto di
volgere l’attenzione dell’opinione pubblica italiana su fatti che non la
toccano direttamente. Guardare ai problemi degli altri, prima ancora che a
quelli di casa nostra, ci colloca in una posizione di sereno distacco. Eppure
nel nostro Paese esiste un elemento che ci riporta sempre al centro
dell’attenzione (più spesso nel mirino) della stampa internazionale: questo
fattore è Silvio Berlusconi. L’operato del Cavaliere in politica estera
rappresenta la negazione stessa della diplomazia, e il trionfo del populismo
più becero: battute da Bar Sport, barzellette di dubbio gusto,
numerosi svarioni storici (Remolo è ancora lì che se la ride) nonché
un’assoluta passività nell’affrontare, con il dovuto ritegno, il difficile
ruolo che gli compete. Non si vuole qui ripercorrere la lunga serie di gaffes
che hanno esposto l’intero Paese al ludibrio internazionale, ma solo perché
la lista sarebbe lunga e monotona; si ha piuttosto la presunzione di capire a
cosa sia dovuto il comportamento del Premier. Una
qualunque analisi oggettiva circa la credibilità di cui Berlusconi gode
all’estero giungerebbe al medesimo, triste risultato:. L’ironia del
giornalista, malamente mascherata da un po’ di understatment
molto inglese, è palese: il nostro Premier viene invitato a farsi un giro in
un rodeo texano per aver conquistato la fiducia del presidente americano;
intanto, il popolo italiano scende in piazza per manifestare il suo dissenso
contro la guerra. Chiunque, in una situazione come quella, avrebbe avuto la
buona creanza di astenersi da scenette di questo tenore, ma lui sembra andare
diritto per la sua strada. Mi pare indubbio che buona parte degli scandalosi
episodi che l’hanno coinvolto siano dovuti ad un suo
spirito da cabarettista difficilmente soffocabile; |
ma non è tutto così semplice: personalmente
ritengo che sarebbe troppo riduttivo imputare questo comportamento ad una sua
vocazione teatrale o a ragioni di mera piaggeria (leccapiedismo). Se fa ciò
che fa, è perché sa ciò che fa. Ho avuto questa illuminazione osservando
retroattivamente i momenti delle sue “uscite”: tutti corrispondevano a
situazioni delicate che -guarda caso!- lo coinvolgevano direttamente. Dai
processi di Milano alle più imbarazzanti riforme di governo, esiste sempre un
diversivo che distolga l’attenzione del pubblico
dall’operato suo e dei suoi collaboratori: non importa che siano delle corna
in una foto ufficiale (e chi non l’ha mai fatto?) oppure una battutina sulle
mogli degli avversari (una chicca, sentita al congresso di FI). Il meccanismo
è ben collaudato: alla sparata segue la smentita, ma ormai il polverone si è
alzato; come se non bastasse, il nostro eroe si chiude a riccio alimentando
il ruolo di vittima che tanto bene gli calza, accusando a destra e a manca
(più a manca, per la verità…) di non essere propositivi e di saperlo solo
attaccare. E come dargli torto, effettivamente, quando lo
si scredita soltanto per delle facezie -sempre male interpretate,
avete notato-? E con Bush, forse che non si è costruito una “corsia
privilegiata” all’interno dell’Amministrazione americana? E’ prevedibile che
l’amico George correrà in suo aiuto, qualora lui glielo chiedesse. In
definitiva, trattandosi di un abile imprenditore con ottime capacità di
comunicazione, credo occorra non sottovalutarlo, né tanto meno denigrarlo: sfidiamolo
invece sul terreno della politica, chiedendogli ragione delle scelte che
stanno cambiando (in peggio) il Paese. Del resto, è comprensibile che dagli
italiani si levi un coro di sconforto: Berlusconi, si contenga! Jacopo
Busnach |
Croce, crociate e crocifissi. E’ ormai di qualche giorno fa la sentenza del
giudice Mario Montanaro, del tribunale dell’Aquila, che ha sancito che nella
scuola del piccolo paese di Ofena, in Abruzzo, non dovesse essere più esposto
un crocifisso per aula, come aveva chiesto Adel Smith, uno dei rappresentanti
delle comunità islamiche in Italia che ha dei figli che frequentano la scuola
del paese abruzzese. Subito, la condanna della Chiesa e del mondo politico
non si è fatta attendere: molti hanno parlato “di attacco alle radici
culturali dell’Italia”, e il ministro della giustizia, il
leghista Castelli, ha mandato degli ispettori al tribunale del
capoluogo abruzzese per controllare l’operato dei giudici. Le polemiche, però, non sono finite qui. Lo
stesso presidente Ciampi ha detto, citando Benedetto Croce, le seguenti
parole: <<Il crocifisso è il simbolo dei valori che stanno alla base
della nostra identità culturale. Dentro di noi, nessuno non può dirsi
cristiano!>>. La condanna politica, quindi, è stata unanime, e persino
esponenti della Sinistra hanno bollato la sentenza come “ingiusta e
irresponsabile”. L’Italia
è l’unico paese europeo, a parte forse |
Lo stato italiano, infatti, dal 1948 si dichiara
uno stato laico, che non ha nessuna religione di stato e che accetta che
qualsiasi religione venga praticata senza limiti,
purché non vada contro il codice civile e penale del Paese. E allora, perché
i crocifissi, simboli lampanti di una religione, vengono
ancora esposti in locali appartenenti ad uno stato laico che dovrebbe
impedire che essi vengano esposti? La verità è che il potere della Chiesa,
che nella politica si fa sentire molto, si fa sentire ancora di più nella
società civile. Per questo nessun partito si è azzardato, per non perdere
voti, ad approvare la sentenza di Montanaro e l’ha invece condannata. Le
ragioni della condanna sono però diverse fra loro. La destra di governo, ad
esempio, nel suo classico stile filo–clericale e reazionario, si è scagliata
contro il giudice abruzzese, parlando di sentenza “assurda, immorale, contro
ogni principio etico”, mentre il centrosinistra ha avuto voci diverse. I
cattolici della Margherita hanno condannato la sentenza in maniera ferma,
mentre i Democratici di Sinistra, ribadendo l’importanza della laicità dello
stato, hanno detto che la sentenza è un regalo agli estremisti di entrambe le
parti, cristiani e musulmani. Insomma, stiamo assistendo ad una crociata
moderna. Una crociata che vede schierati, da una parte, le forze reazionarie
e conservatrici del paese, che si fingono o sono realmente “bigotte” e che
difendono simboli d’altri tempi, e dall’altra uomini
che, giustamente, pur essendo una piccola minoranza, difendono la laicità
dello stato in tutte le sue forme, dicendo che i simboli di una religione
precisa non possono essere esposti in locali pubblici. Ecco, questi sono i due fronti che si sono
sviluppati da tempo nel paese. Sinceramente, condivido il secondo pensiero, e
credo che i crocifissi, che rappresentano una religione ben precisa, non
possano stare in una scuola statale che si dichiara laica e che quindi,
almeno a parole, dovrebbe vietare qualsiasi simbolo religioso. Se proprio una
persona ci tiene al crocifisso in maniera convinta, se l’appenda in casa sua.
In casa sua, non in una scuola pubblica. Una scuola che è laica. Luca Quaglia (IV G) |
Benvenuti alla John
Berchet High School "Gentile clientela, vi diamo il benvenuto
alla John Berchet High School. Vi accoglieremo con una grande convention in
un teatro che sarà aperta dall'inno del nostro istituto e che si concluderà
con la consegna di una maglietta con il nostro logo da sfoggiare orgogliosi
per le vie della città; in seguito vi verrà
comunicato il giorno del ballo della scuola e un questionario perché voi ci
possiate dare il vostro indice di gradimento. Vi ringraziamo fin d'ora di
aver scelto la nostra compagnia". Capisco che il tono di queste prime
righe possa sembrare polemico ma non credo che
nessuno possa negare che negli ultimi anni la nostra scuola sia diventata
sempre più simile ad una azienda e si sia preoccupata di attirare il maggior
numero di clienti possibili puntando su campagne di immagine che nulla hanno
a che fare con un reale miglioramento del prodotto offerto. Cosa c'è di male
nel avere un logo e un inno o nell'affittare un teatro per l'accoglienza alle quarte ginnasio? Assolutamente nulla, prese una per
una sono iniziative innocue e forse anche lodevoli, ciò che mi preoccupa è
però il trend, andando avanti così dove finiremo? L'anno scorso ho studiato in una scuola americana
in Missouri e ho avuto l'occasione di conoscere da vicino il modello che
sembra essere diventato il nostro riferimento. Altro che inno e logo! Alla
Fort Zumwalt West High School di St. Louis avevamo anche una mascotte (il
giaguaro), dei colori sociali (viola, argento e nero), una bandiera (di una
bruttezza indescrivibile), tre balli della scuola all'anno,
competevamo con altre scuole in ogni possibile sport o attività, facevamo le
giornate di orgoglio vestiti tutti di viola,
e vendevano un'intera gamma di prodotti con il logo (dalle mutande
alle tovaglie, dai diari ai pupazzi). Ovviamente in questa orgia di attività
e marketing l'insegnamento veniva lasciato in
secondo piano, quasi considerato un fastidioso contrattempo. |
E' chiaro che è una provocazione, che noi siamo
un liceo serio e che non arriveremo mai a quel livello di fuffa ma
provate a pensare: una volta scelto un logo cosa ci impedisce di sceglierci
una mascotte, dei colori sociali eccetera eccetera? Ad un certo punto dovremo
pure dire basta, fissare la famosa linea del Piave oltre la
quale non spingerci. Ne saremo capaci? Io non nego che questo processo è anche dovuto a
politiche nazionali (di sinistra come di destra) a cui
dobbiamo adattarci per sopravvivere ma ho l'impressione che il Berchet si
stia mostrando particolarmente zelante ed entusiasta nel seguire queste folli direttive. Una volta lanciato l'allarme contro
l'aziendalizzazione della nostra scuola vorrei fare un'altra considerazione:
se proprio dobbiamo lanciare una campagna di marketing per andare incontro ai
gusti della clientela perché non consideriamo i gusti degli studenti, che
alla fine sono coloro che veramente usufruiscono del servizio, e non quelli
dei genitori? Mi spiego. Siamo sicuri che i ragazzi di
quarta ginnasio il primo giorno preferiscono ascoltare l'inno in un
teatro dove magari non conoscono nessuno piuttosto che andare in classe,
cominciare a conoscere prof e compagni e magari fare un giro della scuola?
Quella del teatro non è forse un esigenza dei
genitori apprensivi che vogliono accompagnare i loro figli anche il primo
giorno di scuola superiore? Io preferirei andare in classe piuttosto che a
teatro con mia mamma ma ovviamente non posso
pretendere di sapere cosa preferirebbero gli altri. Faccio solo notare che al comma cinque del articolo due dello statuto degli
studenti è prevista la possibilità di chiamare gli studenti, anche su loro
richiesta, ad esprimere un'opinione mediante una consultazione; sarebbe forse
interessante sapere cosa ne pensano i ragazzi, specialmente quelli che a
quella giornata a teatro hanno partecipato direttamente. Rocco Polìn |
L’autonomia
scolastica Nonostante il nome attraente, l'autonomia
scolastica ha risvolti molto negativi per le scuole pubbliche e per gli
studenti perché tende a creare scuole di serie A e scuole di serie B. Anche
considerato il fatto che l'autonomia scolastica è uno dei principi base della
nuova riforma Moratti (come lo era stata di quella
Berlinguer) mi sembra importante spiegare cosa sia. Oltre a concedere alle scuole autonomia
didattica e organizzativa, essa introduce criteri aziendali nella gestione
delle scuole. Come si sa le aziende sono giudicate in base alla produttività
e allora ecco che donna Letizia crea una lista nera di scuole improduttive,
cioè scuole con un rapporto docente-studente inferiore ad La scuola-azienda comincia allora a farsi
pubblicità utilizzando i più moderni mezzi che il
marketing aziendale conosce. Ricordiamo il contestatissimo video delle
letterine-letterate, il bollino blu (come le banane) costatoci parecchi
milioni ma di cui possiamo bullarci con le mamme dei ragazzi di terza media e
la giornata al teatro Carcano. Nel frattempo i finanziamenti statali
diminuiscono del 30% (fonte: CGIL scuola). A questo punto della storia
abbiamo scuole con un disperato bisogno di soldi da destinare alla propaganda
per evitare la chiusura a cui lo stato diminuisce i finanziamenti. |
Che fare? 1) Aumentare il contributo
d'iscrizione (e il principio di una scuola pubblica gratuita?) 2) legarsi ad
enti privati, quindi aziende, che ci sponsorizzino. Cosa vogliono le aziende in cambio? Pubblicità sui siti
delle scuole (e va ancora bene), sfilate all'interno delle stesse (come è
successo al Parini), vendita di mailing list degli studenti a compagnie
assicurative (Corriere della Sera, 18 marzo 2002)... Ci
chiediamo perché non vendere addirittura il nostro nome (dove vai a scuola?
Al liceo classico Toyota), o spazio nelle circolari (" C'è un altro aspetto per quanto riguarda i
legami tra le aziende e la scuola che però interessa soprattutto gli istituti
tecnici e simili: gli stage aziendali. In pratica gli studenti sostituiscono
gratuitamente dei lavoratori per svolgere mansioni di basso profilo. Certo in
alcuni casi ciò può essere utile ma troppo spesso gli studenti svolgono
mansioni utili più all'azienda che alla loro formazione. Ciò che personalmente mi terrorizza è come
questo processo di privatizzazione e aziendalizzazione della scuola ci venga presentato come necessario ed ineluttabile tanto dai
governi di destra che da quelli di centrosinistra. Non lasciamo che il sapere diventi privilegio di
pochi. Fonti Csp-Cobas scuola Carlo (IH) |
Cari lettori, ci rendiamo conto che la grafica
di questo primo numero del Flogisto
lascia alquanto a desiderare. Se qualcuno di voi ritiene di essere in grado di elaborare
qualcosa di più artistico non esiti a contattarci. Il nostro indirizzo é flogisto@liceoberchet.it |
Cari
lettori (e 2), come già detto aspettiamo i vostri articoli. Vi preghiamo di
spedirli al nostro indirizzo entro il primo di Dicembre. Per informazioni
rivolgersi ai ragazzi del Collettivo. |
Il valore della giustizia. Il messaggio del Critone In gabbia. Incatenato, picchiato, ingiustamente
insultato. Socrate aspetta la morte eppure é sereno; la nave sacra, di
ritorno da Delfi, sta per arrivare in porto. Secondo un'antica tradizione le
esecuzioni venivano sospese durante il viaggio di
questa imbarcazione. Ormai manca poco, é stata avvistata a Capo Sunion,
giungerà presto! Il fedele amico Critone si reca dal maestro la cui morte é imminente per tentare l'ultima volta di
convincerlo a fuggire. Lo scongiura di salvarsi, per gli amici, per i
discepoli, per i figli che senza di lui soffriranno una perdita incolmabile.
"Fuggi Socrate!". Critone é un fiume di parole, rimprovera l'amico,
non capisce perché sia così tranquillo, così deciso nel suo folle proposito.
Ne ha la possibilità, è stato condannato ingiustamente, gli amici sono pronti
ad aiutarlo, a scappare, a ribellarsi. Socrate tace, pensa, riflette, guarda Critone
che pare così agitato. Di fronte alla possibilità di salvarsi la vita con la
fuga Socrate sceglie di rimanere in prigione testimoniando la sua fiducia
nella legge: davanti a lui sono due vie, quella mutevole e ingannatrice della
gente comune che lo induce a considerare solamente il presente, il suo
tornaconto e la voce della coscienza che lo esorta a considerare ciò che è
giusto e morale. |
Fuggire equivarrebbe ad ammettere che la legge ha valore solo se è dalla nostra parte ma Socrate sa che la forza della legge sta nel suo valore assoluto, nel sottomettersi ad essa qualunque sia il verdetto. Quella di Socrate non è resa passiva né incondizionata sottomissione bensì la libera scelta di chi, dopo aver cercato di persuadere la giuria del suo errore, si sottopone comunque alla legge perché crede nel principio su cui essa si fonda, non ricorre alla fuga né alla violenza. La violenza é l'imposizione agli altri di ciò che si ritiene giusto o utile, la giustizia al contrario si fonda su un libero patto tra uomini basato su valori universali, necessari. Fuggire equivale a rompere questo patto, a tradire la giustizia, a non credere nel suo valore. Socrate crede in questo principio con una forza e una coerenza che Critone, chiuso nel suo gretto mondo di pareri individuali e interessi personali non può neanche minimamente comprendere. E' tranquillo, sa di fare la cosa giusta perché morendo ingiustamente darà un fulgido esempio di coerenza morale e donerà nuova forza all'irrinunciabile principio della giustizia. Il messaggio platonico é moderno, parla di
non-violenza e di coerenza morale. La grandezza di Socrate sta nella sua
incredibile devozione ad un principio, quello della legge vista come unica
protettrice dei diritti di tutti; una devozione che lo porta a sacrificare
serenamente persino la sua stessa vita.
Andrea Lisa |
Recensione del Concerto dei Muse Milano
27 ottobre 2003 Con Absolution, l'ultimo dei quattro album
sfornati dai Muse, la band inglese ha sviluppato il
suo sound originale: infatti questo é un album più variegato dei precedenti
che alterna pezzi lenti e rilassati (Blackout) ad altri più energici
(Interlude) ricordando vagamente i Radiohead. Oltre alla loro evoluzione per
quanto riguarda i lavori di studio, i Muse hanno
migliorato notevolmente anche i live; il 27 ottobre, data milanese del tour
di Absolution, erano carichi al massimo, così come la folla che riempiva il
Mazda Palace, che li ha accolti urlando. La voce di Bellamy, piena di grinta,
é riuscita ad ammaliare il pubblico stupendolo con le performances al
pianoforte (che fosse una tastiera?) di New Born e Feeling Good, brani tratti
dal precedente album. |
I Muse son riusciti a creare
un'atmosfera intima con i fans, intrattenendoli per quasi due ore; hanno
aperto con Apocalypse please, suonando 19 brani; da "Sing for
absolution" a "Citizen erased", passando per la dolce
"Endelessy" e senza dimenticare uno storico pezzo del primo album,
Muscle Museum. I pezzi più attesi li hanno conservati per il finale: ecco
allora Bliss, accolta dal pubblico con un'ovazione, Time si running out, l'emozionante
ultimo singolo, e Plug in baby, che scatena un impetuoso pogo tra le prime
file, accompagnato, sul finire, dall'uscita di palloni bianchi rimbalzanti
sul pubblico. Dopo questa grande carica di energia,
i Muse terminano lo show con Stockolm Syndrom, una delle tracce più vivaci di
Absolution. Giulia Tini e Flavia
Salvatore |
I rapporti tra Kant e Beethoven:il
tema della libertà e natura nell'arte beethoveniana. Un poeta che molto contribuì alla formazione di
Beethoven fu Friederich Schiller (1759-1805). E' opportuno ricordare che
Schiller ha rivendicato, contro l'antistoricismo illuminista, l'ideale di
Humanität e soprattutto che sia la sua vita che la sua opera si ispirano ad
un profondo e insopprimibile bisogno di libertà. Nel Saggio sulla poesia sentimentale,
Schiller, ponendo le basi di una nuova estetica, distinse tra la poesia
ingenua, dono spontaneo della natura e prerogativa del genio puro, e poesia
sentimentale, frutto di meditazione e di ricerca e pertanto inferiore. Questi concetti ci portano nel vivo della
spiritualità di Beethoven; è assai probabile che questi, per la suggestione
di tali idee shilleriane, sia stato indotto a leggere Kant ponendo l'accento
sul momento etico-estetico delle sue dottrine. Beethoven
infatti, considerando il tentativo del filosofo di Konigsberg di
recuperare l'essere intelligibile dell'uomo, si è indubbiamente richiamato a
quegli aspetti del kantismo che definiscono l'autentica essenza dell'uomo in
senso metafisico, ovvero che lo intendono come libertà. |
Ed ecco la radice del romanticismo beethoviano:
la libertà, in quanto spontanea, sta alla base della creazione artistica. L'idea di libertà pone tuttavia il problema del
rapporto tra uomo e natura: questa a volte si configura come un 'istanza negatrice di fronte alla libertà; di qui il
carattere drammatico che spesso assumono l'impegno e l'azione morale E tale
insanabile divario tra essere (Sein) e dover essere (Sollein), elemento
specifico ed insopprimibile della morale kantiana, viene da Beethoven trasvalorato
in una dialettica drammatica, nella contrapposizione cioè, posta alla base
dello schema sonastico, tra il richiedere e il negare. Nel primo Concerto per pianoforte tutto ciò viene messo in evidenza dal dialogo tra pianoforte e
orchestra: questa esprime il senso dell'imperativo categorico, mentre l'altro
risponde come a singhiozzi. Del resto non è solo dalla Critica della ragion pratica e dalla Critica del Giudizio che Beethoven guarda a Kant, ma anche, per
esempio, con il breve ma importante scritto Per la pace perpetua. Il
sogno di una comunità pacifica, concorde e felice e soprattutto di uno stato
sociale di libertà nella natura, sta a fondamento
dell'ispirazione dominante nella Sinfonia
Pastorale e nella Nona Sinfonia. Yoshiiro
Shirai |
Elephant A dimostrare quanto il documentario di Michel
Moore, "Bowling for a Columbine", sia entrato nell'immaginario
collettivo, anche Gus Van Sant si confronta con il tema delle armi da fuoco
negli Stati Uniti, "un problema ignorabile come un elefante in
salotto". E' questo infatti il detto che ha
ispirato il titolo del film Elephant che ha a sua volta preso spunto
dall'omonimo documentario di Alan Clarcke del 1989. Il film é ambientato a Portland, nell'Oregon, in
uno dei tanti licei dei sobborghi americani e si svolge nell'arco di una giornata, una
come tante: si seguono le lezioni, si spettegola, si gioca a football e si
cazzeggia in corridoio. Premiato all'ultimo festival di Cannes con un premio
alla regia ed un'inaspettata palma d'oro, il regista segue i personaggi con
lunghi piani di sequenza che fanno entrare perfettamente lo spettatore nella
soggettività dei ragazzi. |
Improvvisamente esplode la violenza di due
studenti come tanti, soltanto meno apprezzati e più soli, che in pochi
istanti scaricano spietatamente le pallottole sui compagni, sugli insegnati e
su loro stessi. Queste scene sono rappresentate con una freddezza
incredibile, analoga a quella dei videogames (paragone suggerito dallo stesso
regista in una scena precedente alla strage). La strage non è sottolineata da
una particolare colonna sonora, il regista non cerca di sottolineare alcuni
momenti, di suscitare emozioni particolari né tantomeno di risparmiare gli
spettatori dai momenti più crudi. La regia è tanto fredda, indifferente e
documentaristica da sembrare inesistente. Van Sant sceglie attori emergenti e pochissime
musiche che rendono il film ancora più vero. Viola d'Acquarone |
Notizie dalla Metropoli A
cura di Pietrone e Davide Forse qualcuno di voi ci ha sentiti passare
suonando campanelli,cantando e urlando a
squarciagola. Forse qualcuno di voi ci ha visti passare con le
nostre bici colorate,con le nostre luci ad
intermittenza psichedeliche,con i nostri catarifrangenti. E forse qualcuno di voi è stato fermato da una
folla di pazzi scatenati nel bel mezzo di un incrocio e ci ha maledetti in
queste fredde notti invernali. Noi siamo il popolo di CRITICAL MASS ,un movimento di ciclisti (non solo Milanese bensì
mondiale) che ha come obiettivo quello di far vedere che una città come la
nostra non appartiene alla sola prepotenza di “uomini scatoletta”
(automobilisti) o alla velocità di anacronistici “centauri” ma anche a noi
amanti del vento nei capelli, delle risate in compagnia, sognatori di una
Milano ciclabile! Se anche voi non sopportate l’aria pesante di
Milano , l’indisponenza di auto e motorini venite
con noi a vivere la vera città,unitevi al popolo della MASSA CRITICA ogni
giovedì alle 22:00 in p.zza Mercanti. Ovviamente in bici!!! |
APPUNTAMENTI REGGAE Per tutti i massicci amanti della
reggae culture una serie di appuntamenti a cui non ai può mancare: -giovedì 4: Sergente Garcìa -giovedì 18:Anthony B -giovedì24:Skatalites appuntamento @ rainbow club. Inoltre tutti
i giovedì sera @ *COP9 Abbiamo già incominciato a parlarne e potete
vedere un cartellone nel corridoio che porta alla palestra maschile:stiamo parlando del COP9 ,un summit mondiale (esclusi gli
U.S.A.) che si svolgerà nel dicembre di quest’anno a Milano.Obiettivo del
vertice è quello di convincere il governo russo a firmare il trattato
di Kyoto ,che regola le emissioni dei gas serra. Per maggiori informazioni
potete chiedere di Pietro (IIIB) e Andrea (IID). *Al numero 30 di via Moscova ha aperto la prima
biblioteca multimediale interattiva di Milano con 118 banche dati (che
permettono l’accesso a informazioni di ogni genere),290
c.d.rom d’argomento letterario,artistico sociale,1000 film in vhs e dvd. |
Non solo Milan o
Inter Domenica 2 Novembre, ore 16' |
Sull'onda dell'euforia ci proponiamo di trovare
un pub dove andare a vedere insieme la prossima partita. E
allora mi chiedo: "perché non allargare questa idea a tutti i tifosi o
simpatizzanti della Samp qui al Berchet?" E allora l'uscita del giornale
è un'occasione troppo ghiotta per lasciarsela scappare: "BLUCERCHIATI DI
TUTTO IL BERCHET UNITEVI" Slogan a parte, do la mia disponibilità per
organizzare un gruppo domenicale per andare a vedere le partite. In
futuro oltre a Milan-Samp, che ritengo un dovere morale, mi piacerebbe anche
fare qualche trasferta al Marassi. Per concludere
candido Moris Carrozzieri per la nazionale. Giancarlo Perinetti 3A |